Ne avevamo parlato in una puntata di RadioMafiopoli e ne parliamo negli incontri e negli spettacoli: l’obiettivo di un sano antiracket culturale passa per la “distruzione” del falso “onore” mafioso. E per questo vale la pena sottolineare le parole di un convegno tenuto in Calabria che riparte proprio da qui:
Il tema principale del seminario è stata l’analisi del falso mito secondo cui la mafia e i suoi “uomini d’onore” non toccano né donne e né bambini. La tragica vicenda del piccolo Coco Campolongo, bambino di soli 3 anni di Cassano Ionio ucciso e successivamente arso, è invece la netta prova di come questa non sia altro che una grandissima menzogna, alimentata dai poteri forti e dalle numerose fiction televisive che danno un’immagine bella ed onorevole del mafioso, quando in realtà c’è poco onore e rispetto da riservare a queste persone. Il giornalista Arcangelo Badolati ci ricorda infatti di come Coco sia soltanto l’ultimo di una lunga serie di donne e bambini uccisi dalla mafia negli scorsi anni (Domenico Gabriele a Crotone nel 2009, Concetta Iaria a Sant’Eufemia d’Aspromonte nel 1965, Francesco Antonio Conte a Rosarno nel 1977, Michele Arcangelo Tripodi a San Ferdinando nel 1990, ecc), a testimonianza di come bisogna conoscere questi avvenimenti per poter avviare una controcultura che porti ad un’efficace demolizione della mitologia mafiosa.
Ad approfondire il tutto hanno contribuito due importantissime figure della lotta all’illegalità, come Mario Spagnuolo, Procuratore capo di Vibo Valentia, e Pier Paolo Bruni, Pm della Direzione distrettuale Antimafia di Catanzaro. Spagnuolo, autore di diverse indagini sulle cosche mafiose delle provincie di Crotone e Vibo Valentia che gli hanno causato numerose minacce di morte, ha fatto notare ai ragazzi (presenti anche questa volta in modo numeroso) che nell’immaginario collettivo della popolazione la colpevolezza o l’innocenza di determinate figure sia legata esclusivamente all’esito della condanna giuridica, quasi mettendo in secondo piano qualsiasi giudizio morale. Questo fa sì che venga demandato all’ambito giudiziario la risoluzione dei problemi sociali, scaricando così le nostre responsabilità di cittadini nelle mani di magistrati che sono uomini esattamente come noi. Spagnuolo ha infatti voluto precisare la necessità di un aiuto da parte del popolo in questa fondamentale lotta, sottolineando che non serve che i magistrati siano supereroi, ma gente onesta capace di svolgere il proprio ruolo, nella speranza che la società migliori e serva sempre meno l’intervento della magistratura.