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Fanpage, giornalisti sotto copertura metodo da regime? L’analisi della giurista Azzollini smonta la versione di Giorgia

Al termine del Consiglio europeo dello scorso 28 giugno, la presidente del Consiglio Giorgia Meloni ha commentato per la prima volta l’inchiesta della testata giornalistica Fanpage, che ha svelato atteggiamenti antisemiti, razzisti, di esaltazione del fascismo e del nazismo da parte di alcuni militanti di Gioventù Nazionale, il movimento giovanile di Fratelli d’Italia.

Fanpage e la libertà di stampa

Meloni ha dichiarato che i “sentimenti razzisti, antisemiti o nostalgici” sono “incompatibili con Fratelli d’Italia” e “con la destra italiana”. Tuttavia, ha criticato Fanpage per l’uso di una giornalista sotto copertura che si è infiltrata dentro Gioventù Nazionale, affermando: “Prendo atto che da oggi nello scontro politico è possibile infiltrarsi nei partiti politici e nelle organizzazioni sindacali, riprenderne segretamente le riunioni e pubblicarle discrezionalmente”. Meloni ha anche posto un quesito: “Perché non è mai successo con nessun altro?”. In realtà, negli anni recenti, ci sono stati casi simili di giornalisti che si sono infiltrati in riunioni del Movimento 5 Stelle tra il 2012 e il 2017.

La presidente del Consiglio ha messo in dubbio la legittimità delle inchieste giornalistiche sotto copertura come quella di Fanpage, domandando retoricamente: “È consentito? Lo chiedo a lei, lo chiedo ai partiti politici, lo chiedo al presidente della Repubblica. È consentito da oggi?”. Secondo Meloni, “in altri tempi questi sono i metodi che usano i regimi: infiltrarsi nei partiti politici non è un metodo giornalistico”.

Fanpage, Azzollini: infondate le accuse di Meloni

Contrariamente a quanto suggerito da Meloni, le inchieste giornalistiche sotto copertura sono legittime e supportate da varie norme e sentenze giudiziarie che permettono ai giornalisti di infiltrarsi in partiti e organizzazioni politiche. Come spiegato dalla giurista Vitalba Azzollini per Pagella politica, la libertà di informazione, tutelata dall’articolo 21 della Costituzione, include il diritto del giornalista di informare e del cittadino di essere informato. Il giornalismo d’inchiesta, spesso praticato sotto copertura, è una componente fondamentale di questa libertà, come dimostrato storicamente dalla pioniera Nellie Bly alla fine dell’Ottocento.

La Corte di Cassazione nel 2010 ha riconosciuto l’importanza del giornalismo d’inchiesta come l’”espressione più alta e nobile dell’attività di informazione”. Anche la Corte Europea per i Diritti dell’Uomo (CEDU) ha sostenuto il diritto di ricerca libera delle notizie e la protezione delle fonti giornalistiche.

La “Carta dei doveri del giornalista”, adottata nel 1993 dalla Federazione Nazionale Stampa Italiana (FNSI) e dall’Ordine nazionale dei giornalisti, afferma che il giornalista deve difendere il diritto all’informazione e diffondere notizie di pubblico interesse. Tuttavia, esistono condizioni specifiche che legittimano il giornalismo sotto copertura, come stabilito dalla legge istitutiva dell’Ordine dei giornalisti (legge n. 69 del 1963) e dalle “Regole deontologiche relative al trattamento di dati personali nell’esercizio dell’attività giornalistica” contenute nel Codice della privacy (decreto legislativo n. 196 del 2003).

La legge del 1963 stabilisce che i giornalisti devono rispettare la verità sostanziale dei fatti e la lealtà e la buona fede, ma possono non rivelare la propria identità quando ciò comporta rischi per la loro incolumità o rende impossibile l’esercizio della funzione informativa. Come chiarito da Vitalba Azzollini per Pagella politica, l’inchiesta di Fanpage sembra rientrare in queste eccezioni, poiché la giornalista non avrebbe potuto documentare certi comportamenti senza agire sotto copertura.

L’articolo 51 del codice penale dispone che l’esercizio di un diritto esclude la punibilità, e il diritto di cronaca può giustificare la pubblicazione di notizie anche se può configurare reati come la diffamazione o le interferenze nella vita privata, a patto che la notizia sia vera, di interesse pubblico e presentata in modo misurato. La legittimità della pubblicazione di dati sensibili dipende dall’essenzialità dell’informazione, come specificato dalle Regole deontologiche.

Inchieste scomode: quando il giornalismo fa tremare il potere

Infine, la pubblicazione di dati personali e sensibili è permessa quando è di rilevante interesse pubblico, soprattutto per persone note o che esercitano funzioni pubbliche. Nell’inchiesta di Fanpage, l’interesse pubblico è evidente poiché coinvolge dirigenti di Gioventù Nazionale e ha suscitato l’attenzione internazionale.

La legittimità delle inchieste sotto copertura quindi dipende dall’interesse pubblico e dalla rilevanza delle informazioni divulgate. Nel caso di Fanpage, come spiegato da Vitalba Azzollini per Pagella politica, la documentazione di comportamenti razzisti e antisemiti all’interno di Gioventù Nazionale ha permesso di chiarire la posizione di Fratelli d’Italia e della sua leader, contribuendo alla trasparenza e al dibattito democratico.

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