Un consigliere comunale leghista, apostrofato sui social con la parola “frocio”, lo ha ritenuto un insulto ed ha iniziato una battaglia giudiziaria finita in Cassazione. E nella sentenza in sostanza c’è tutto l’impianto giuridico che sta dietro al ddl Zan
La notizia era uscita qualche giorno fa ma è passata inosservata e l’ha ripescata con curiosità chirurgica Cathy La Torre, avvocatessa da sempre attiva sui diritti. Leggetela bene perché dentro c’è tutta l’ipocrisia di questo tempo politico e della manfrina tirata strumentalmente in piedi intorno al Ddl Zan e ai diritti Lgbt.
Accade nell’hinterland milanese dove un esponente della Lega, consigliere comunale del Carroccio in un comune dell’hinterland milanese, ha querelato Efe Bal (transessuale impegnata da anni per la regolarizzazione della prostituzione) che lo aveva apostrofato su Facebook dandogli del “frocio”.
Il leghista se l’è presa moltissimo, ha ritenuto la parola “frocio” un insulto ed è iniziata una battaglia giudiziaria che è finita in Cassazione. Ora, seguite con attenzione: per i giudici della Cassazione gli epiteti «costituiscono, oltre che chiara lesione dell’identità personale, veicolo di avvilimento dell’altrui personalità e tali sono percepite dalla stragrande maggioranza della popolazione italiana». Non solo, aggiungono che «è destituita di ogni fondamento l’affermazione che tale espressione abbia perso il suo carattere dispregiativo per una presunta evoluzione della coscienza sociale. Perché nella prassi, molti ricorrono a quella parola per offendere». In sostanza nella sentenza c’è tutto l’impianto giuridico che sta dietro al Ddl Zan e il consigliere leghista ha combattuto in tribunale perché venisse riconosciuto.
Fenomenale la risposta della condannata che tramite il suo avvocato fa sapere che «rimane convinta di avere ragione. Resta convinta che frocio non è un insulto, che lei è libera di esprimere le proprie considerazioni. E per sostenere fino in fondo le sue idee sarebbe disposta anche a finire in galera. Se il ddl Zan fosse stato legge – ha detto il legale – sotto accusa per omofobia sarebbe finito lui, l’ex consigliere comunale leghista: in interviste e post ha fatto dichiarazioni pesantissime contro i gay».
Sono mesi che i leghisti ci spiegano che davanti alla parola “frocio” bisogna saper ridere poi arriva uno di loro che ci dà una mano a ribadire l’ovvio in tribunale. Fantastici, non c’è che dire. Meglio di uno sketch di Pio e Amedeo.
Buon martedì.
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