Ogni volta parte il coro di “perché” e ogni volta si coglie la fatica di chi il perché ce lo sta raccontando da anni. Giulia Tramontano è la vittima di un femminicidio che per la trama e per gli algoritmi della morbosità starà per giorni sulle pagine dei giornali. Perfetti i protagonisti, entrambi belli, giovani e con un bel lavoro. Sono quelli a cui «non mancava niente», come dicono le comari del giornalismo patriarcale che sanno solo collegare la violenza con l’insoddisfazione. Tramontano era anche in attesa di un figlio, condizione perfetta per urlare lo spreco di una maternità incompiuta. Se la donna è madre l’assassino è più bastardo secondo i canoni della patria basata sulla famiglia. Pierpaola Romano, poliziotta 57enne freddata con tre colpi in testa da un collega nel suo androne di casa, è stata giornalisticamente più sfortunata. La mancata giovinezza, quel mestiere così ordinario la renderanno una notizia poco più che locale. I dati del ministero dell’Interno dicono che dal primo gennaio al 28 maggio 2023 in Italia sono stati registrati 129 omicidi. Le vittime donne sono 45, e 37 di loro sono state uccise in ambito familiare, 22 (nel frattempo sono diventati 23) sono state uccise dai compagni o da ex compagni.
Femminicidi, un elenco senza fine
Giulia Donato, 23 anni, è stata uccisa il 4 gennaio a Pontedecimo (Genova), dall’ex compagno, una guardia giurata, che era arrivato a casa dell’ex fidanzata armato della propria pistola d’ordinanza. Prima le ha sparato, poi si è suicidato con la stessa arma da fuoco. Martina Scialdone, 34 anni, uccisa il 13 gennaio, è stata ammazzata a Roma da un colpo di pistola sparato dall’ex compagno Costantino Bonaiuti di 61 anni. Oriana Brunelli, 70 anni, è morta il 14 gennaio a Bellaria Igea Marina (Rimini), ammazzata dall’ex amante Vittorio Cappuccini di 80 anni. Lui, ex vigile, l’ha uccisa con tre colpi di pistola e dopo si è tolto la vita. Teresa Di Tondo, 44 anni è morta il 15 gennaio a Trani, ammazzata dal marito con diversi colpi di arma da taglio. Lui, dopo averla uccisa, è uscito in giardino e si è impiccato. Yana Malayko, 23 anni era scomparsa nella notte tra il 19 e il 20 gennaio. Ha perso la vita il primo febbraio. Il suo corpo viene ritrovato a Lonato del Garda, in provincia di Brescia, in aperta campagna. La 23enne è stata ammazzata da Dumitru Stratan, un 33enne con il quale aveva avuto una relazione, terminata a dicembre 2022. Antonia Vacchelli, 86 anni, viene ammazzata il 6 febbraio a Lecco dal marito Umberto Antonello, ex ferroviere, che l’ha strangolata a mani nude. Melina Marino, 48 anni, e Santa Castorina, 50 anni, sono due amiche e lo scorso 11 febbraio vengono trovate senza vita a Riposto, in provincia di Catania. A ucciderle è Salvatore La Motta, 63 anni, ergastolano in regime di semilibertà e in permesso premio, che si presenta armato davanti alla caserma dei carabinieri e si suicida. Melina Marino aveva deciso di mettere fine alla relazione con La Motta.
Sui giornali di questi giorni si scorge un profluvio di consigli alle donne su come salvarsi. Poco, pochissimo, sugli uomini orchi che ci si ostina a descrivere come “fragili”
Sigrid Gröber, 39 anni, è stata ammazzata a calci e pugni dal suo compagno. Giuseppina Traini, 85 anni, è stata uccisa a coltellate il 25 febbraio dal marito. Costantina dell’Albani, 52 anni, è stata uccisa il 4 marzo nella casa di famiglia a Ragusa dal cognato. Iulia Astafieya, 35 anni, di nazionalità ucraina, è stata uccisa il 7 marzo a Reggio Calabria dal compagno, Denis Molchanov. Maria Febronia Buttò, 61 anni, è stata uccisa a coltellate il 10 marzo a Gioiosa Marea (Messina) dal marito Tindaro Molica Nardo che poi si è suicidato. Francesca Giornelli, 57 anni muore il 28 marzo strangolata dal compagno Lamberto Roscini che poco dopo si è impiccato. Zenepe Uruci, 56 anni, viene ammazzata dal marito Xhafer Uruci il 30 marzo, nella propria abitazione a Terni. Sara Ruschi di 35 anni e la mamma Brunetta Ridolfi di 76 anni vengono uccise il 13 aprile dal compagno della giovane, Jawad Hicham, di 38 anni, nella loro abitazione di Arezzo. Al femminicidio hanno assistito anche i suoi due figli. Danjela Neza, 29enne di origini albanesi viene uccisa il 6 maggio scorso a Savona dal suo ex compagno che non ha mai accettato la fine della loro relazione.
Il veleno che sta sulle punte di coltelli e pistole è il patriarcato di un Paese in cui la violenza sulle donne è roba quasi “naturale”
Ogni volta parte il coro di “perché” e invece il perché è chiarissimo mettendo in fila le storie: donne che sono considerate di proprietà che vengono punite se decidono di autodeterminarsi. Il veleno che sta sulle punte dei coltelli e delle pistole è il patriarcato di un Paese in cui la violenza sulle donne (fisica, psicologica, economica) è una tradizione, roba quasi “naturale”. Così sui giornali è tutto uno scorrere di “raptus” o di “eccessi d’amore” per non doversi dire che la grande opera di educazione sentimentale dei maschi italiani non è mai partita oppure è fallita. Sui giornali di questi giorni si scorge un profluvio di consigli alle donne su come salvarsi. Poco, pochissimo, si scrive degli uomini orchi che ci si ostina a descrivere come “fragili”. E c’è da scommettere che la narrazione prevalente delle donne come angeli del focolare e strumenti da parto non potrà che ammorbare la narrazione già malata. Istituire una fallocrazia e stupirsi che le donne ne muoiano è un favoreggiamento al femminicidio.
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