TeleMeloni sta sconvolgendo il parterre del giornalismo televisivo italiano. C’era da aspettarselo, vista la smania accentratrice di una presidente del Consiglio che non ha intenzione di fare prigionieri nemmeno tra i suoi alleati di governo. Il mercato dei giornalisti però dice molto anche del Paese, al di là del governo che passerà come sono passati tutti i governi. L’ultima in ordine di tempo è Bianca Berlinguer, che Libero in prima pagina spara come prossima conduttrice negli studi di Mediaset (ma si parla anche di Discovery).
Valzer di poltrone a suon di milioni per chi è del giro. Chi è inviso al sistema è fuori, pure se fa ascolti
In questo caso non si tratterebbe di un “gesto politico”, niente a che vedere con forme di resistenza (più o meno credibili) contro l’avvento del melonismo. Secondo le voci dei ben informati a non andare giù alla conduttrice di Cartabianca sarebbe la programmazione disposta in Viale Mazzini che la vedrebbe contro il programma di Francesca Fagnani e Alessia Marcuzzi. “Sarebbe la più importante apertura a sinistra per Mediaset dopo Michele Santoro”, dicono dagli uffici del Biscione.
Funziona poco invece lo sdegno per il cognome Berlinguer alla corte che fu di Berlusconi: la sorella Laura è già giornalista di Studio Aperto da anni. Possibilità di indignazione sfumata sul nascere. Tant’è che al Nazareno un deputato del Pd supplica i dem di “non intestarsi questa inutile battaglia con tutto quello che c’è da fare sul serio”. Sul futuro di Lucia Annunziata si rincorrono due ipotesi. C’è chi bisbiglia Discovery come approdo, dove raggiungerebbe Fabio Fazio (il cui scalpo viene considerato un trionfo da Meloni e Salvini) e Luciana Littizzetto. Altre voci la immaginano come candidata per le prossime elezioni europee con il Partito democratico.
“Ricordiamoci come andò con Santoro che ci usò come tram per andare a Bruxelles e poi ci trattò con tutt’altro che gratitudine”, ricorda un parlamentare di lungo corso. Niente Rai invece per Nicola Porro (nella foto) che in un’intervista a La Verità confessa di essere stato a un passo, con un progetto editoriale già pronto per Rai 3 ma è stato bloccato dai rimorsi dopo una telefonata di Silvio Berlusconi nei suoi ultimi giorni. Porro, tra le altre cose, è anche vicedirettore del Giornale che nei propositi dovrebbe essere un giornale “indipendente” ma nei fatti è una succursale di questo governo.
Gran parte dei volti che monopolizzano i talk show sono immuni pure ai cambi di governo
Un giornalista sul ciglio della televisione pubblica fermato da una telefonata del suo editore televisivo che era leader di governo e che nel frattempo è vicedirettore di un quotidiano da poco ceduto a un imprenditore della sanità privata ma anche quattro volte deputato è la fotografia dello stato della stampa italiana, melassa indistinguibile tra imprenditoria e potere.
La Rai smobilita, i protagonisti cambiano, questo è prevedibile anche se non per questo meno sconcertante. Ma le compagnie di giro? Ogni volta che lo spoil system viene praticato con tanta brutalità non si può non scorgere un problema di fondo nel giornalismo italiano, ancora di più quello televisivo: traslocano i salotti ma gli invitati al banchetto sono sempre gli stessi. Meloni trasloca in Rai gli amichettismi che navigavano in Mediaset e viceversa. Galleggia sempre il caravanserraglio di voci considerate “autorevoli” perché simili, anche se asseriscono di appartenere a fazioni opposte.
I giornalisti che accedono allo schermo televisivo (alcune testate stanno in piedi solo con quella visibilità) sono immuni ai cambi dei governi. Direttori di quotidiani senza lettori in tv acquisiscono l’autorevolezza di sacerdoti dell’opinione. Non conta nemmeno lo share: si premia la fedeltà al sistema di pensiero. La dialettica è sopportata solo sulle sfumature. Così sembra tutto sempre uguale a sé stesso perché è uguale a sé stesso.
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