L’articolo di Antonia De Francesco dal sito duepuntozeronews.it:
Da Giulio a Giulio: uno è passato alla storia come “Il Divo”, all’anagrafe Giulio Andreotti, l’altro, scrittore, giornalista e artista, è Giulio Cavalli, ospite dell’appuntamento di domenica scorsa del Mese della Legalità a Formia. Il primo ha attraversato decenni di politica e storia del Bel Paese, quasi indenne, da protagonista di Governo, e da quando la terra gli è lieve, molti sono i segreti che, probabilmente, ha portato con s’è; il secondo, ha attraversato sì politica e storia italiana, ma ha scelto di raccontarla: un ruolo faticoso per il quale spesso ha rischiato la sua incolumità. Le due vite si incrociano quando, dopo anni di percorsi a pier pari tra il teatro e la “legalità”, dopo l’esordio con lo spettacolo ” A cento passi dal Duomo” volto a raccontare la presenza della criminalità organizzata al Nord, Cavalli decide di scrivere “L’innocenza di Giulio”, libro con il quale ripercorre le vicende giudiziarie che hanno contraddistinto la lunga esistenza del “Divo”. Lo fa, premettendo toni tutt’altro che distesi e comprensivi, piuttosto adirati e inclementi, nonchè con una premessa essenziale, ben sintetizzata dalla prefazione del Magistrato Dott. Gian Carlo Caselli: “La stragrande maggioranza dei cittadini italiani è convinta che Andreotti sia vittima di una persecuzione che lo ha costretto a un doloroso calvario per l’accanimento giustizialista di un manipolo di manigoldi”,ovviamente, c’è un “ma”…non è così. Questa è la prospettiva che intraprende Cavalli, cercando di capovolgere un opinione pubblica assuefatta, è rovistando nella memoria corta di un Paese, che troppo presto dimentica, troppo velocemente si lascia convincere e perdona. Così Giulio Cavalli si assume la responsabilità di tirare le fila del “Processo Andreotti”, con questo libro, in cui mette la verità davanti alla giustizia.
In un passo del libro si legge: “I fatti che la Corte ha ritenuto provati in relazione al periodo precedente la primavera del 1980, dicono che il Senatore Andreotti ha avuto piena consapevolezza che i suoi sodali siciliani intrattenevano amichevoli rapporti con alcuni boss mafiosi, ha quindi coltivato, a sua volta, amichevoli relazioni con gli stessi boss”. E Cavalli aggiunge: ” ‘ L’innocenza di Giulio’ perchè conoscere il processo Andreotti ti insegna a riconoscere la politica che tenta in tutti i modi di legittimare l’illegalità e aiuta a capire che la storia di questo Paese è negli atti giudiziari, nei fatti che sono stati riscontrati, raccontati su cui non possono esistere dubbi e che, l’opportunità, soprattutto in politica e per chi si occupa di pubblica amministrazione, è un concetto che non può essere delegato solo alla Magistratura o ai Giudici ed è un confine molto più ampio di quello dell’attività giudiziaria”. Secondo Cavalli “la politica di Andreotti è quella che ha scelto di sedersi al tavolo con la mafia” ed il suo tentativo di spiegarla ai giovani si sposa con la volontà di creare campanelli d’allarme, consapevolezze, perchè “ripetendo una bugia infinite volte si riesce anche a trasformare in verità storica qualcosa che in realtà non è mai avvenuto”.
Il ruolo della memoria diventa, dunque, fondamentale. “La memoria va esercitata – spiega Cavalli – e credo che è un po’ di confisca della memoria quella buona per la cittadinanza attiva sia obbligatoria”, perchè l’ “andreottismo” sopravvive “nella privatizzazione delle regole, negli incontri inopportuni difesi sui cavilli”. “Andreotti è stato colpevole e sicuramente bugiardo”, questa è “la sua innocenza” secondo il magistrale intervento culturale di Giulio Cavalli: perchè è dalla cultura, dalla simbiosi con di quest’ultima con i giovani, dagli “scossoni” che l’arte può imporre che bisogna partire e ripartire continuamente.