Facciamo un patto. Un patto sociale antimafioso, un contratto con gli italiani come lo chiamava lui. Ma firmiamolo subito, con urgenza. A destra, a sinistra, sopra e sotto mettiamoci d’accordo per un limite alla decenza, alla legalità e soprattutto all’opportunità. Decidiamo tutti insieme (se lo facciamo con una richiesta di voto segreto, in Consigliosi richiede con almeno cinque consiglieri e allora ci mettiamo le 900 vittime di mafia di questo Paese). Possiamo discutere, litigare e avere diverse visioni sulle responsabilità sparse per la Lombardia. Possiamo vedere sfrenati allarmisti o attendisti fin troppo tiepidi, possiamo anche sopportare i polituncoli che si dicono “io ne ho uno ma voi ne avete due”. Ma non possiamo sopportare, non dobbiamo sopportare che Roberto Formigoni affronti impunito l’argomento. Peggio ancora se perde le staffe come uno scolaretto con le mani nella marmellata. Dobbiamo impedirgli di parlare di lotta alla criminalità organizzata con quella faccia sulfurea da intoccabile, e dobbiamo ricordargli che non ha nemmeno il diritto di scomporsi.
Ci dia risposte su Massimo Ponzoni.
Dia un segno di vita su Carlo Chiriaco, Pino Neri e i loro presunti rapporti con Giancarlo Abelli.
Ci racconti dei rapporti che spuntano dalle indagini di questi anni tra esponenti di Comunione e Liberazione e uomini di mafie.
Ci racconti cosa lo costringe a difendere ad oltranza (imbarazzando i suoi alleati) Pietrogino Pezzano.
Ci racconti perché le associazioni di categoria stringono patti etici fotografandosi con lui e in questi anni non hanno mai espulso un loro iscritto.
Ci racconti e ci spieghi chi sono, secondo lui, gli “indifferenti” di cui parlano puntualmente ad ogni conferenza stampa i magistrati lombardi.
Ci racconti chi in questi anni ha sottovalutato il fenomeno mafioso essendo al potere illegittimamente da un ventennio.
Noi, in cambio, promettiamo che ascolteremo cosa ha da dirci sull’argomento.