La reazione di Grilo ai primi giorni di “politica” dei suoi è indicativa: dal mondo chiuso del suo blog continua a emanare proclami in linea con la sua visione millenarista, ma che risultano poi in pratica inapplicabili dai suoi “emissari” in Parlamento. I quali si trovano a dover risolvere problemi che probabilmente Grillo non riesce nemmeno a capire perché guarda da fuori il tutto: votare o no Grasso o Boldrini o astenersi e rischiare un incarico a Schifani? Consentire o no con il voto di fiducia la nascita di un esecutivo Pd o prendersi, negandola, la responsabilità di un “tutti a casa” che significherebbe però un salto nel buio con possibili pesanti ripercussioni economiche degli speculatori ai nostri danni sui mercati?
Stando fuori, Grillo può tuonare e inneggiare alla linea dura: da bravo predicatore millenarista sogna il giorno a venire in cui avendo acquistato il 100% dei consensi non dovrà più mediare su niente ma potrà molto semplicemente imporre la sua visione. E’ una visione utopica, come era utopica la società senza lusso di Savonarola. Ma i suoi che stanno dentro, ora, si trovano nelle peste, perché non avendo quel famoso 100% devono inserirsi in un meccanismo che ha le sue regole. E non, badiamo bene, perché è corrotto, ma perché è democratico.
Grillo da fuori indica come inciuci e tentativi di corruzione procedure che ai suoi occhi sembrano tali – come quella di trovare un accordo preventivo per l’elezione dei Presidenti delle Camere – perché non ha mai avuto esperienza diretta di cosa voglia dire gestire una assemblea democratica. E invece sono, molto semplicemente, prassi necessarie per evitare di impallare ogni possibile decisione e allungare i tempi all’infinito. Da qui le accuse di fare “mercati delle vacche” o gridare alla tentata corruzione per ogni abboccamento istituzionale per costruire una mediazione, da qui l’accusa agli altri partiti di non voler semplicemente votare il candidato proposto dall’M5S perché “è il migliore” (cosa poi tutta da dimostrare, visto il curriculum scarno), non rendendosi conto che in una assemblea democratica il consenso attorno al tuo candidato, quando non ha una sua maggioranza, deve essere costruita con un lungo lavorio di mediazione dietro le quinte.
I “Grillini” già dopo i primi giorni si rendono conto che il meccanismo, che quando lo guardavano da fuori sembrava così semplice da criticare, è invece non complicato, ma complesso, e la sua complessità è però dovuta a esigenze serie. Si trovano pertanto stritolati in mezzo a ciò: da un lato un “capo carismatico” che non avendo alcuna esperienza di gestione politica spicciola emana dei diktat inapplicabili nella pratica, dall’altra una base in fermento, anche questa priva di coscienza di come funziona il meccanismo, che pretende Parlamenti aperti come scatolette e distruzione immediata dell’esistente; dall’altra ancora una platea di gente che ha votato il movimento per protesta, ma pretende che ora gli eletti si adoperino comunque per far funzionare speditamente il sistema. In mezzo i Parlamentari grillini, i quali, per giunta, arrivati nel Palazzo senza una pregressa esperienze di assemblee minori (Comuni, Province ed altro) e privi di un apparato di partito o di un “capo” che sia in grado di spiegare loro e formarli in tal senso, sono abbandonati a se stessi, nel bel mezzo, per altro, di una delle più confuse situazioni della storia repubblicana.
Che dire? Già le votazioni per le Camere hanno dimostrato come nell’universo grillino si odano sinistri scricchiolii, e il post di questa mattina di Grillo, in cui in sostanza si chiede il non rispetto dell’articolo 67 da parte dei Parlamentari e si invocano epurazioni per chi ha votato Grasso, dimostra che una frattura fra Capo Carismatico e Truppa eletta in Parlamento (ma anche fra Capo Carismatico e Base, visto che i commenti al post di Grillo sono poco entusiasti), si sta consumando, con risultati per ora imprevedibili.
Ma non si tratta, e Grillo farebbe bene a prenderne atto, di “tradimento” da parte di un drappello di venduti che hanno perso di vista la causa. Si tratta, semplicemente, di quello che succede quando ci si deve confrontare con la complessità del reale.
Una gran bella analisi di Galatea da leggere tutta (tutta) qui sul suo blog.