La brutta figura com’era immaginabile è durata anche il giorno dopo. Giorgia Meloni che attacca Mario Draghi irritando la vasta (anche se poco popolare) area centrista italiana di politici e commentatori è il tilt della sua propaganda bifronte. Per rispondere in Aula al Partito democratico che la accusava di irrilevanza iternazionale mostrando l’immagine dell’ex premier sul treno per Kiev con Olaf Scholz ed Emmanuel Macron, la presidente del Consiglio alla Camera aveva detto che “per alcuni la politica estera è stata farsi foto con Francia e Germania quando non si portava a casa niente”.
Retromarcia di Giorgia dopo l’attacco rifilato all’ex premier Draghi. Chi critica SuperMario è accusato di lesa maestà
È il gene della Meloni barricadiera, quella utile in campagna elettorale dove prometteva di sfasciare tutto e tutti: presa dalla foga, la presidente del Consiglio ha adottato la modalità “propaganda” nel luogo ove di solito agisce in assetto “diplomazia”. Capita, si sa, a forza di avere due facce di sbagliare i tempi e i luoghi. Ieri al Senato la leader di Fratelli d’Italia si è presentata quindi con il capo cosparso di cenere, pronta all’autodafè: “Quello che dicevo ieri”, ha detto in sede di replica, “è lungi da essere un attacco a Mario Draghi, tutti sanno quel che penso della fermezza di Draghi sull’Ucraina, di quella maggioranza che tutti ricordano. Quello che cercavo di spiegare è che, proprio perché ho rispetto di quella fermezza, non si risolve il suo lavoro fatto nella foto sul treno con Francia e Germania”.
Tra i membri della maggioranza l’imbarazzo si tagliava a fette. La delusione tra gli elettori accaniti che plaudevano il ritorno all’autenticità della loro paladina è un fiume che scorre lento per tutto il giorno sui social. Dopo avere telefonato privatamente a Draghi per scusarsi come un’adolescente che prova ad evitare il castigo ora il passo indietro è anche pubblico. Nulla di nuovo: Meloni è draghiana quanto basta per non dispiacere ai poteri italiani che la accarezzano sui quotidiani che vorrebbero essere progressisti e ai poteri internazionali che le hanno promesso di trattarla sufficientemente se rimane nelle righe. Ieri mattina già Salvini aveva provato a recitare la parte del pompiere: “Mi sembra che abbiano sempre avuto un buon rapporto, mi sembra strano che abbia potuto attaccare il presidente Draghi”, aveva detto ai giornalisti.
Di certo la riesumazione di Draghi nelle cronache ha ringalluzzito l’arcipelago del cosiddetto Terzo polo con Calenda e Renzi che hanno potuto dare l’ennesimo sfoggio del loro sconsiderato amore per l’ex premier. “Quella foto esprime l’auctoritas di Draghi, l’autorevolezza, che Draghi aveva dentro di sé ed emanava una grande sicurezza delle cose che diceva e solennità e per questo le persone lo ascoltavano”, dice il leader di Azione mentre il padrino di Italia Viva invita la premier a “cercare di copiare Draghi” perché “le farà bene”. Scontato anche lo sdegno dell’altro rivolo terzopolista, quello che sta dentro il Pd, con gli scudieri della corrente riformista che corrono in soccorso dell’ex premier vituperato dalla presidente del Consiglio.
Nel Pd pure i renziani difendono l’ex presidente della Bce. Dal quale però la Schlein marca le distanze
Eppure dentro il Pd l’idea di Draghi salvatore dell’Italia e dell’Europa non piace alla segretaria Schlein, che ha sempre preso le distanze dalla sua “agenda” che per molti del suo partito è un vero e proprio vangelo. E forse non sarebbe nemmeno male l’idea di un fronte (tra Pd e M5s) che abbia il coraggio di dire ciò che non piace alla piaggeria dei media progressisti e alla bolla terzopolista: dall’autocandidatura fallita al Quirinale alla “pace o aria condizionata” fino all’“agenda” che nessuno ha capito mai cosa contenesse Draghi ha dimostrato di essere un buon tecnico ma un pessimo politico. Regalare la critica a Draghi a Meloni e compagnia non sarebbe una grande idea.
L’articolo Giornaloni, Renzi & C. in gloria di Draghi. E la Meloni batte subito in ritirata sembra essere il primo su LA NOTIZIA.