In scena al Teatro del Popolo “A cento passi dal duomo”: l’attore lodigiano ha parlato anche della ‘ndrangheta di Lonate Pozzolo e Legnano. Nel buio qualcuno registrava le sue parole
Quando la voce di Giulio Cavalli dice quelle due parole, c’è qualcuno che si irrigidisce, qualcuno tende le orecchie, per sentire meglio. Perché un conto è sentire che la mafia c’è nella grande Milano, che c’è a Buccinasco, a Corsico, che per molti sono solo nomi su un cartello stradale o un supermercato di mobili. E un conto è sentire i nomi degli arrestati e dei morti ammazzati qui, a due passi da casa. A Lonate Pozzolo.
Giulio Cavalli ha portato al Teatro del Popolo di Gallarate il suo “A cento passi dal Duomo”, la storia silenziosa della mafia a Milano, scritta insieme al giornalista Gianni Barbacetto. Uno spettacolo in continuo divenire, come è in continuo divenire la mafia nel Nord, passata dalle piccole estorsioni a benzinai e commercianti ai sequestri di persona, agli affari nell’edilizia, alle operazioni immobiliari. E nel testo in divenire c’è anche la storia dei clan di Lonate Pozzolo, trapiantati da Cirò Marina: sono stati minati da due inchieste e dagli arresti, ma fanno ancora paura. Il silenzio «è il concime dei delitti», che anche oggi impedisce di ricordare nomi e fatti, che chiede di non parlare delle indagini. E invece l’attore lodigiano fa i nomi: quelli di Vincenzo Rispoli, indicato dagli inquirenti come capo del “locale” di Legnano e Lonate, e quello di Mario Filippelli, il suo braccio operativo. Ricorda gli atti intimidatori che si sono visti a Lonate, ma anche a Besnate, ai danni dei dirigenti all’urbanistica. «E quando un consigliere leghista locale, Modesto Verderio, ha denunciato i fatti, l’hanno trattato come lo scemo del villaggio». Scorrono come grani del rosario i nomi degli ammazzati nei bar e nei boschi, tra Lonate, Ferno, Legnano, San Vittore Olona.
Lo scorso anno, a Varese, lo spettacolo di Giulio Cavalli fu seguito da minacce di querele. E anche questa volta qualcuno deve essersi mosso per tempo: «Saluto gli avvocati presenti in sala, spero che le registrazioni siano venute bene» ha concluso Cavalli. Sotto il palco gli agenti della scorta vegliavano su di lui, che da due anni è minacciato di ritorsioni
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