Siamo alle solite: notizie che fanno venire i brividi.
Prima è arrivata una lettera minatoria che conteneva l’invito a “rientrare nei ranghi”, recapitata direttamente sulla sua scrivania al primo piano del Palazzo di Giustizia di Palermo. Poi una scritta tracciata su una porta impolverata, proprio di fronte al suo ufficio: “accura”, scriveva la mano anonima in dialetto siciliano, ovvero “stai attento”. Adesso le misure di sicurezza del procuratore generale Roberto Scarpinato sono state potenziate: lo ha deciso venerdì il Comitato Provinciale per la Sicurezza pubblica di Palermo.
Dagli archivi del palazzo di giustizia siciliano, infatti, sono sparite le registrazioni effettuate dalle telecamere di sorveglianza negli stessi giorni in cui l’ignoto Corvo riusciva a penetrare all’interno dell’ufficio del magistrato per lasciare la missiva intimidatoria per Scarpinato. Le indagini sono affidate, per competenza, alla procura di Caltanissetta guidata da Sergio Lari: gli investigatori hanno acquisito le cassette che corrispondevano a dodici giorni di registrazione, nello stesso periodo in cui la lettera era stata presumibilmente depositata sulla scrivania di Scarpinato (ovvero la notte tra il 2 e il 3 settembre). Visionandole, però, gli inquirenti si sono accorti che le cassette contenevano soltanto cinque giorni di registrazione: e quando sono tornati nuovamente negli uffici palermitani, si sono resi conto del fatto che fosse rimasto materiale con soltanto 24 ore di registrazione. Solo un guasto nel sistema di videosorveglianza? O un furto operato da un infiltrato che ha praticamente colpito al cuore il Tribunale di Palermo? Se lo chiedono gli investigatori, che indagano nelle falle del sistema di sicurezza della procura.
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