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Graviano ritira in ballo Berlusconi

Sembra che se ne siano accorti davvero in pochi delle dichiarazioni del boss di Brancaccio Giuseppe Graviano, condannato all’ergastolo con Rocco Santo Filippone nel processo “Ndrangheta stragista” che ha riscritto il periodo delle stragi mafiose in Italia.

Il boss di Brancaccio, Giuseppe Graviano, torna a parlare dei rapporti con Berlusconi. “Con l’imprenditore del Nord contatti solo per i soldi”

Anche la Corte d’Assise d’Appello ha confermato che gli imputati sono i mandanti del duplice omicidio dei carabinieri Antonino Fava e Vincenzo Garofalo, uccisi il 18 gennaio 1994 sull’autostrada all’altezza dello svincolo di Scilla in provincia di Reggio Calabria ma soprattutto ha confermato il disegno di una “strategia stragista” che ha insanguinato il Paese nella prima metà degli anni novanta e che era stata messa in atto da Cosa nostra e ’Ndrangheta in una sorta di guerra contro lo Stato con l’aiuto di pezzi dello Stato.

In quel processo Graviano ha reso dichiarazioni spontanee in cui negava di conoscere Marcello Dell’Utri (fondatore di Forza Italia, braccio destro di Silvio Berlusconi e ritenuto in via definitiva l’anello di congiunzione tra il leader di Forza Italia e Cosa nostra). Ma in quello stesso processo Graviano ha ripetutamente tirato in ballo Berlusconi (pur non facendone il nome) chiarendo che la sua famiglia aveva rapporti economici con l’imprenditore e ha dichiarato di avere incontrato più volte l’ex Cavaliere perfino durante la sua latitanza.

“Riguardo all’imprenditore del Nord – dice Graviano – ho sempre riferito che i miei contatti erano solamente per i soldi che aveva consegnato mio nonno. E ho dato tutte le date. E questo è stato riscontrato. Pochi giorni fa tutti abbiamo appreso quello che dicono i mezzi di informazione, la Procura di Firenze ha riscontrato quello che ho detto io”. Sembra che se ne siano accorti in pochi che Graviano ha riferito di alcuni “imprenditori di Milano” che non volevano “fermare le stragi”.

Sembra che la politica (e pure certa antimafia) si ostinino a non accorgersi che l’ex presidente del Consiglio, assieme a Dell’Utri, già condannato in via definitiva per concorso esterno in associazione mafiosa, sia anche indagato dalla Procura di Firenze con l’accusa di essere tra i possibili mandanti occulti delle stragi del ‘93. Un’accusa che gli è già stata rivolta due volte sia dalle toghe toscane che da quelle di Caltanissetta. Un’accusa che magicamente è sparita dai pensosi editoriali dell’antimafia liquida che ogni tanto si sparge su pensosi editoriali e in compite celebrazioni.

Ma Graviano ha detto anche altro nelle sue dichiarazioni spontanee rese durante il processo d’appello: “Non distruggete i dischetti con le intercettazioni” in quanto “potrebbero servire in qualche prossimo grado”, ha detto il boss in Aula. Si riferisce alle trentadue conversazioni, registrate durante le ore di socialità nel carcere marchigiano tra il marzo 2016 e l’aprile del 2017 che adesso sono finite agli atti del processo sulla Trattativa tra pezzi dello Stato e Cosa nostra. Graviano intercettato disse: “Berlusca mi ha chiesto questa cortesia. Per questo è stata l’urgenza”, riferendosi alle stragi.

E poi: “Lui voleva scendere, però in quel periodo c’erano i vecchi e lui mi ha detto ci vorrebbe una bella cosa”. E ancora: “Nel ’93 ci sono state altre stragi ma no che era la mafia, loro dicono che era la mafia”. Il boss di Brancaccio, si sa, è un personaggio scivoloso. Ma oggi più del tritolo funziona la minaccia di alludere a una certa verità. Cosa potrebbe volere Graviano? La risposta è semplice: l’abolizione (per sé e per i suoi compari) del 41 bis. E questa è un’informazione utilissima per leggere il futuro, più del passato.

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