Di solito succede il contrario, si sa. Ma la storia di Giulio Lampada (e il suo interrogatorio ben descritto da Davide Carlucci su Repubblica) racconta perfettamente quanto gli interessi e gli stili si incrocino. E sono stili costruiti su ‘benefit’ (“…entrando in contatto con gente come il sindaco di Roma Gianni Alemanno o il consigliere comunale di Milano Armando Vagliati, al quale ha pagato quattro viaggi aerei, per un valore di 882 euro“) e una smargiasseria di fondo. Ma sono due le frasi che colpiscono nelle parole di Lampada: Tra di noi poi parli con il politico e magari se non fai un po’ — scusi il termine — di buffoneggia… e Colletti bianchi, vengo definito. Mi è piaciuta, da piccolo, la qualifica. Avevo 18 anni, con il sindaco Falcomatà a Reggio, forse lui me l’ha inculcata… Io vengo da quella realtà di Reggio Calabria di fare quella scalata — come chiamarla? — imprenditoriale, politica… Il problema culturale è che mafia e politica si assomigliano sempre di più nei vizi e nelle interpretazioni peggiori e, al di là, delle risultanze processuali dalla bocca di Lampada escono nomi di amministratori che risultano essere un modello. La politica che ispira nei modi la mafia, per intendersi. E nessuno che si senta in dovere di dare una risposta.