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Il Governo mira agli scafisti. Ma non sono loro i veri padroni delle tratte

Colpa degli scafisti. Dalle parti del governo Meloni hanno trovato qualche parola messa in fila dal Papa utile per provare a salvare la faccia e ora tutti in coro ripetono: “Colpa degli scafisti!”. Non vengono nemmeno sfiorati dal dubbio che gli scafisti siano ingranaggi illegali di qualcosa che legalmente viene impedito di fare.

Lo scafista molto spesso è un clandestino che paga il biglietto. Ma far scontare tutto a loro è facile

Nella destra ancora non hanno capito che un afghano (tanto per citare una nazionalità verso cui le colpe dell’Occidente sono smisurate) può fare domanda di asilo in Italia (e in Europa) solo affidandosi a uno scafista. Molti dei loro elettori che si chiedono “ma perché non prendono un aereo con tutti quei soldi?” non hanno ancora capito che il passaporto che tengono in tasca è un privilegio riservato a questa parte del mondo.

Gli scafisti dunque sono il nemico numero uni di Giorgia Meloni

Gli scafisti dunque sono il nemico numero uni di Giorgia Meloni e compagnia cantante. Del resto sono il nemico perfetto: banalizzano un tema scaricando colpe complesse su una sola persona (come l’assassino dei giochi da tavola in famiglia), sono stranieri e quindi ottimi per il cannibalismo politico e valgono come condono per spostare la responsabilità da noi a “loro” e sentirsi assolti nonostante siamo coinvolti.

Per la tragedia di Cutro uno dei presunti scafisti è il 25enne pakistano Khalid Arlslan. Khalid, come gli altri, a pochi metri dalla riva, prima di schiantarsi con la barca che a Steccato di Cutro ha restituito 70 morti, ha telefonato a casa per chiedere alla sua famiglia di “sbloccare i soldi” sul conto dei trafficanti per il viaggio che ormai si riteneva concluso.

Uno scafista per essere uno scafista dovrebbe essere pagato, sicuramente non s’è mai visto uno scafista che paga per la traversata. Khalid l’ha ripetuto in tutti gli interrogatori ma – per ora – non gli crede nessuno. Non credono nemmeno al fratello nonostante le due versioni coincidano. Chissà se crederanno alla ricevuta dei primi 4.500 euro inviati ai trafficanti. Hanno quel messaggio Whatsapp.

Khalid Arlslan è in carcere con altri due. Perché sorge qualche dubbio? Nel 2022 sono state arrestate almeno 264 persone in seguito agli sbarchi sulle coste italiane con l’accusa di essere scafisti. Ma secondo Arci Porco Rosso e Borderline Europe, due Ong attive nella tutela delle persone migranti, gli arrestati “hanno poco o nulla a che fare con organizzazioni e gruppi violenti che le persone migranti si trovano ad affrontare durante il viaggio”.

Raccontano gli estensori del progetto “dal mare al carcere”: “abbiamo assistito a vari processi in tribunale nell’ultimo periodo, a Palermo, Agrigento e Messina. Similmente, ci scontriamo con i Centri di Permanenza e Rimpatri (Cpr), i non-luoghi di detenzione amministrativa dove, purtroppo, molti capitani si trovano a vivere un periodo di trattenimento successivo alla detenzione in carcere per il solo fatto di non avere documenti oppure perché considerati, automaticamente, in quanto ex detenuti, socialmente pericolosi.

Nel 2022 abbiamo seguito un capitano del Biafra, richiedente asilo, rimpatriato in Nigeria prima di poter essere ascoltato dal giudice e abbiamo notizia di molti capitani tunisini a cui è toccata la stessa sorte. Purtroppo a volte neanche una sentenza di assoluzione evita il Cpr: è quello che è successo ad un cittadino libico, scagionato da ogni accusa, che dopo anni di integrazione in Italia si è visto arbitrariamente trattenuto in Cpr perché ritenuto socialmente pericoloso per lo stesso reato per cui era stato assolto. Uno stigma che si traduce in una vera e propria persecuzione”.

Nell’ultimo decennio, le guardie di frontiera greche, spagnole e italiane hanno sempre più preso di mira i conducenti di barche di migranti che arrivano sulle coste dei loro paesi, alla ricerca di qualcuno da incolpare per la migrazione “illegale”. Migliaia di persone, di solito migranti stessi, sono state arrestate. Molti sono costretti sotto la minaccia delle armi.

Tra loro ci sono minori non accompagnati. Ragazzini, poco più che bambini, incarcerati e processati come gli adulti, che al loro arrivo in Italia vengono denunciati come ‘contrabbandieri’. Mentre i veri trafficanti di esseri umani restano in Libia. Colpa degli scafisti, dicono, ma sono quelli giusti?

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