C’è un esercito silenzioso che ogni giorno si prende cura delle nostre case, dei nostri figli, dei nostri anziani. Sono le badanti, le colf, le baby sitter che permettono a milioni di famiglie italiane di andare avanti. Eppure questo lavoro fondamentale resta ancora in gran parte invisibile, sommerso, privo di adeguate tutele.
L’ultimo rapporto dell’Osservatorio Domina sul lavoro domestico in Italia ci restituisce una fotografia impietosa di un settore che vale l’1% del PIL ma che continua a essere trattato come figlio di un dio minore. Parliamo di quasi 900mila lavoratori regolari, cui si aggiunge una quota stimata di oltre 960mila irregolari. Un esercito di 1,8 milioni di persone, per lo più donne e straniere, che mandano avanti le nostre case mentre noi andiamo in ufficio.
Ma a che prezzo? Il tasso di irregolarità sfiora il 52%, contro una media nazionale dell’11%. Più della metà di questi lavoratori, insomma, non ha un contratto regolare. Niente contributi, niente malattia, niente ferie. Una situazione di sfruttamento legalizzato.
Lavoro domestico, lo sfruttamento invisibile: numeri e paradossi di un settore nell’ombra
E non si tratta solo di sfruttamento economico. Il rapporto evidenzia come il 30% dei lavoratori domestici si trovi sotto la soglia di povertà. Persone che ogni giorno si prendono cura dei nostri cari ma che faticano ad arrivare a fine mese. Una contraddizione stridente in un Paese che si definisce civile.
Ma il paradosso più grande è che a pagare il prezzo più alto sono proprio le donne. Quelle stesse donne che, grazie al lavoro di colf e badanti, possono dedicarsi alla carriera. Il 70% del lavoro domestico è svolto da donne straniere, spesso costrette a lasciare i propri figli nei Paesi d’origine per prendersi cura dei nostri. Gli “orfani bianchi”, li chiamano. Bambini cresciuti senza madri perché queste sono impegnate ad accudire i nostri di figli. Una catena dello sfruttamento globale di cui siamo inconsapevoli beneficiari.
E non finisce qui. Il rapporto evidenzia come la maggior parte dei datori di lavoro domestico siano anziani con pensioni basse. Persone che hanno bisogno di assistenza ma che faticano a pagarla regolarmente. Un cortocircuito del welfare che scarica sulle famiglie costi che magari potrebbero essere a carico dello Stato.
Un welfare insostenibile: il cortocircuito di un sistema al collasso
Di fronte a questo scenario, le proposte del Governo, secondo l’Osservatorio Domina sul lavoro domestico, appaiono del tutto inadeguate. Si parla di voucher, di detrazioni fiscali, di sanatorie una tantum. Toppe che non risolvono il problema strutturale. Perché la verità è che abbiamo costruito un sistema di welfare che si regge sullo sfruttamento di una manodopera a basso costo e priva di diritti.
Servirebbe una rivoluzione culturale prima ancora che normativa. Riconoscere il valore sociale ed economico del lavoro di cura. Garantire diritti e tutele a chi si prende cura dei nostri cari. Costruire un sistema di welfare universalistico che non scarichi sulle famiglie il peso dell’assistenza.
Altrimenti continueremo a sfruttare il lavoro invisibile di milioni di donne, per lo più straniere. Continueremo a fingere che il problema non esista. Continueremo a delegare alle badanti rumene o ucraine la cura dei nostri anziani, alle colf filippine la pulizia delle nostre case finché il sistema regge.
I numeri parlano chiaro: il 35,4% dei lavoratori domestici proviene dall’Est Europa, il 17,2% dall’Asia. Il 48% sono badanti, il 52% colf. L’età media è di 49,6 anni. Solo il 44,4% lavora per più di 29 ore settimanali. Il 26,5% guadagna meno di 3000 euro l’anno.
E le previsioni demografiche non lasciano spazio a ottimismo: nel 2050 gli over 80 saranno il 14,1% della popolazione italiana, contro il 7,6% attuale. Chi si prenderà cura di loro? Con quali tutele? A quale costo per le famiglie e per lo Stato?
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