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Il presepe della ministra Roccella

Con la complicità dei luculliani pranzi che hanno offuscato la lucidità di questi giorni è passata quasi inosservata l’uscita della ministra alla Famiglia Eugenia Roccella che ha pensato bene di rimpinzare la propria pagina Facebook nelle ore natalizie con una storia recuperata dalla cronaca locale riuscendo a strumentalizzare contemporaneamente il Natale, la legge 194 e la povertà raccontata – per l’ennesima volta – dal lato sbagliato.

Il quotidiano Il Giorno racconta che a Milano una coppia di senzatetto è stata costretta dalle condizioni di povertà a rinunciare al riconoscimento di un figlio appena nato.  «Come farebbe a sopravvivere con me al gelo?», avrebbe detto la madre. La coppia vive in una tenda vicino a una stazione nei pressi di Milano. La ragazza non ha riconosciuto il bambino entro i dieci giorni previsti per legge, ma non l’ha fatto perché ha realizzato che non sarebbe stata in grado di accudirlo: «Mi hanno dato dieci giorni di tempo per riconoscere mio figlio – ha raccontato al quotidiano Il Giorno -. Ma come farebbe a sopravvivere con me al gelo?». Quindi, ha lasciato trascorrere, per necessità, il termine per riconoscere il neonato e dunque il parto è diventato anonimo e si è automaticamente avviata la procedura per l’adottabilità.

La ministra, come accade nei giorni in cui la politica è in vacanza, ha pescato dalla cronaca e ha rilanciato: «Fra le storie che il Natale ci racconta – scrive Roccella – c’è stata in queste ore quella di Sabrina e Michael, giovani genitori in condizioni di difficoltà economica estrema. La ragazza, nel dare alla luce il suo bimbo nato prematuro, ha scelto di lasciarlo in ospedale senza riconoscerlo»

«Una situazione – ha scritto la ministra Roccella – che determinerebbe uno stato di adottabilità. Di questa vicenda non conosciamo abbastanza, solo le notizie riferite dagli organi di informazione, fra cui le parole della ragazza. Non possiamo avere la certezza che in condizioni diverse Sabrina avrebbe tenuto il bambino, sappiamo però che queste sono le motivazioni addotte. E sappiamo che sono tante le Sabrina che rinunciano alla maternità per ragioni economiche». La ministra ha chiuso ricordando con forza che: «Non serve una legge, perché la legge c’è. È la 194, e andrebbe soltanto attuata. Perché anche tanti che a parole la difendono poi non la mettono in pratica nella sua interezza. Anche questo è un problema di libertà femminile».

L’intento è chiaro: mettere in discussione per l’ennesima volta la 194 lasciando intendere che qualcuno vorrebbe raccontarne solo una parte. La ministra sa e finge di non sapere che quella coppia non avrebbe tenuto il figlio in cambio di qualche bonus utile solo a fare bassa propaganda di basso spirito di “famiglia”. Si tratta, si badi bene, di una ministra di un governo che tra le poche misure prese finora può annoverare l’avere innescato l’ennesima guerra ai poveri oltre alla solita guerra agli invisibili. La coppia sventolata dalla ministra Roccella rappresenta il nemico perfetto per la propaganda del governo di cui fa parte: sono senza documenti e quindi non hanno accesso a nessun tipo di cure mediche, sono senza lavoro e quindi rientrano nei canoni dei “nulla facenti” contro cui si scagliano ogni giorno e sono senza documenti rientrando di fatto nel paradigma dei “clandestini”. Quei due genitori mancati fanno parte dell’esercito dei 100mila che non hanno una casa, non hanno soldi per un affittare un tetto sopra la testa e non sono iscritti nelle liste di nessun medico di base. Un buco legislativo che Emilia Romagna, Puglia e Piemonte hanno sanato con una legge regionale e che la ministra Roccella potrebbe risolvere molto velocemente con una legge semplice semplice che si occupi del diritto di iscrizione alle liste dei medici di base anche senza dimora e ripristinando fondi per il disagio abitativo, senza bisogno di masticare la legge 194 per sporcarla.

Buon martedì.

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