A Pietrasanta, in provincia di Lucca, un 29enne rifugiato dal Gambia è stato accerchiato da sei ragazzini che la stampa italiana sta definendo “bulli” (e invece sono solo razzisti, cinque minorenni e tutti e sei razzisti) ed è stato pestato. I ragazzini mentre menano le mani urlano “buba” (uno dei tanti suoni onomatopeici che servono per indicare un nero come scimmia) mentre la vittima urla per il dolore dei colpi inferti e chiede di smettere.
Il video ovviamente è finito sui social perché, si sa, questo è il tempo in cui è di moda non solo essere razzisti ma perfino sventolarlo in giro. Già questo particolare dovrebbe chiarire quanto il fenomeno non sia solo criminale ma sia una cultura intrisa perfino nelle bande più giovani.
I sei denunciati ieri sono stati perquisiti nelle abitazioni dove vivono coi genitori. Sequestrati dai carabinieri gli indumenti utilizzati durante l’aggressione, i cellulari, alcuni grammi di hashish e marijuana, una mazza da baseball, manoscritti inneggianti alla violenza e contro i carabinieri. Teorizzare la violenza e scriverne è un indizio che riporta alle stragi peggiori, quelle che arrivano ad esempio dagli Usa (l’ultima qualche giorno fa a Buffalo) e che non sono figlie di un raptus ma rientrano in una teoria del razzismo e della violenza che dovrebbe invitare tutti a porre la giusta attenzione.
La notizia dei giovani razzisti, vedrete, verrà presto derubricata come “ragazzata” e non ce ne ricorderemo più. Come se davvero fosse possibile che dei minorenni possano, per gioco, mettersi a scrivere testi a favore della violenza e contro i carabinieri. Ma non si tratta di casi isolati. Come avverte la “Relazione sulla politica dell’informazione per la sicurezza”, recentemente inviata al Parlamento, «ancora alto è apparso l’indice di pericolosità promanante dalla diffusione online di ideologie neonaziste e suprematiste che istigano a porre in essere atti violenti e indiscriminati motivati dall’odio razziale o in linea con quella corrente ’accelerazionista’ globale che mira alla ’soluzione violenta’ come unica via per abbattere il ’sistema’».
«Il fenomeno – si legge nella Relazione – che segue negli ultimi anni un trend in costante ascesa sul panorama internazionale, ha trovato nel 2021 ulteriori conferme sul piano giudiziario, con diverse operazioni di polizia che hanno disvelato come nel nostro Paese tale propaganda virtuale pro-violence abbia contribuito ad alimentare insidiosi percorsi di radicalizzazione di singoli individui e di ristretti gruppi, facendo emergere segnali di un rischio di transizione della minaccia, anche sul piano reale».
Buon mercoledì.