Il movimento terra è una delle attività più citate nelle relazioni antimafia e meno conosciute tra la gente: è l’attività imprescindibile per ogni cantiere. Dove c’è da spostare sabbia, scavare, trasportare residui lì c’è un impresa per la movimentazione terra. Al nord (e in particolar modo in Lombardia) il movimento terra è il lembo del lenzuolo sotto cui trafficano e si arricchiscono le melme mafiose travestite da imprenditori. Si infilano nei subappalti come zanzare sotto la camicia e fingono l’espressione degli onesti faticatori. Oggi, in Lombardia, affidare il “movimento terra” a qualcuno di loro è il nuovo modo lombardo per pagare il pizzo fingendo di non accorgersene, è il compromesso nordico per “stare a posto” nella profonda Lombardia.
Gente come Marcello Paparo (entrato addirittura nei cantieri della TAV e con una bella Mercedes tutta bucherellata per un attentato scampato) o gli uomini della cosca dei Barbaro-Papalia che pascolano tra Buccinasco, Corsico e Cologno Monzese (come racconta l’operazione “Parco Sud”) sono gli esempi più alti di una nuova strategia di business coperto dalla polvere delle macerie e dell’indifferenza. La terra vale oro e si nota poco.
Il procuratore capo di Milano, Manlio Minale, quando fa riferimento all’Expo 2015 chiarisce che «il punto che favorisce l’infiltrazione mafiosa è proprio la mancanza nei contratti d’appalto della voce sul movimento terra». Un business che, assieme al settore dello smaltimento dei materiali, rappresenta la porta d’ingresso delle cosche negli appalti. Anche perché, spiega Minale, «non c’è la necessità della certificazione antimafia ». Occore quindi rivedere le norme che regolano il settore, «la cui consegna – dice il magistrato – non può essere lasciata alla direzione dei lavori sui cantieri».
Ed è per questo che già da tempo ci siamo promessi di proporre con urgenza una legge regionale per rivedere quanto prima la regolamentazione.
Quello stesso movimento terra per il quale il presunto boss Salvatore Barbaro (figlio del più noto Mimmo l’Australiano) ha dichiarato “io ci ho una passione”. Roba che per farla “basta avere la terza media come scrivono i giornali, ma bisogna anche averci una certa precisione”.
Insomma, roba che scotta. Nonostante i piagnucolii dei guappi calabresi che si fingono lavoratori.
Oggi si mette in moto la macchina organizzativa degli incentivi. Un bonus totale di 300 milioni di euro che riguarda ciclomotori, cucine, elettrodomestici, abbonamenti a internet veloce, case ecologiche, motori marini e prodotti industriali, che produrrà – secondo il governo – benefici per un milione di famiglie. E spulciando tra i documenti del Ministero dell Sviluppo Economico si trova anche il settore “macchine agricole e movimento terra” per un importo totale di 20 milioni di euro fruibile come sconto del 10% dei macchinari in acquisto. Il provvedimento è firmato dai ministri allo Sviluppo economico Claudio Scajola, all’Economia e Finanze Giulio Tremonti e all’Ambiente Stefania Prestigiacomo e punta a favorire l’acquisto di prodotti innovativi e a basso consumo energetico.
Senza cadere nell’errore di banalizzare e criminalizzare un’intera categoria chiedo, fin da subito, che sia reso pubblico l’albo delle aziende che usufruiranno degli incentivi: i rivenditori e, per questo particolare settore, gli acquirenti finali.
Ci verranno a parlare di privacy, utilizzandola come una scusa impropria per coprire la trasparenza dei nomi. Quando, però, si erogano incentivi grazie al denaro pubblico, i cittadini hanno sempre il diritto di conoscere l’utilizzatore finale.
Intanto rischiamo di incentivare la ‘ndrangheta che si mangia l’Expo.