Essere un artista di fama internazionale con in tasca un invito ufficiale per partecipare alla 18esima edizione della Mostra internazionale di architettura di Venezia nota anche come Biennale Architettura, non «soddisfa i requisiti» per poter entrare in Italia. È una metafora del nostro tempo la storia che la docente di architettura e autrice scozzese-ghanese Lesley Lokko ha raccontato al giornale specializzato Building Design. Lokko è fondatrice dell’African Futures Institute, una scuola di specializzazione con sede nella capitale del Ghana, Accra, e curatrice della mostra centrale della Biennale che si concentrerà sull’architettura africana e sulla sua influenza nel resto del mondo. Lokko racconta che l’ambasciata italiana in Ghana, guidata da Daniela d’Orlandi, le ha negato il visto per tre dei suoi collaboratori che hanno lavorato all’edizione della Biennale. «Ho messo insieme (e raccolto fondi) affinché quattro team lavorassero alla Biennale, ad Accra, Dublino, Johannesburg e Londra. Ogni squadra è stata centrale per la mostra», ha detto Lokko. «Il fotografo del mio staff, un giovane e talentuoso ghanese, ha contribuito con fotografie sia alla mostra che al catalogo, in tutte le sue sezioni. Ma gli è stato negato il visto dal governo italiano, e in particolare dall’ambasciatrice italiana in Ghana, che mi ha accusato di aver tentato di portare in Europa “giovani uomini non essenziali”».
Dietro a quel “giovani uomini non essenziali” c’è il barbaro manifesto politico di un’epoca terrorizzata dall’invasione
Dietro quel “giovani uomini non essenziali” si può intravedere il barbaro manifesto politico di un’epoca terrorizzata dalla fandonia dell’invasione. Il terrore di essere invasi da artisti sarebbe ridicolo anche in una distopia eppure accade qui, 2023, in riferimento a uno dei più importanti eventi italiani. Con pochi giri di parole Lesley Lokko ha definito l’ambasciatrice italiana in Ghana «un’ambiziosa diplomatica in carriera che vuole fare bella figura con il governo di destra in carica», promettendo che continuerà a sottolineare «l’assurdità e l’ipocrisia di una mostra sull’Africa a cui è negato l’accesso agli africani che hanno contribuito a costruirla» durante la conferenza stampa di apertura della Biennale. Come se non bastasse a stretto giro di posta è arrivata la burocraticosa replica di Daniela d’Orlandi che al Post ha spiegato che «la nostra ambasciata non risparmia sforzi per facilitare la partecipazione di artisti ghanesi a importanti mostre d’arte o eventi in programma in Italia. Solo per fare qualche esempio: all’edizione di quest’anno della Biennale sono presenti altri sette ghanesi, tra cui l’importante artista Ibrahim Mahama; i visti sono stati concessi anche ai partecipanti ghanesi all’edizione 2022 della Biennale e alla Triennale di Milano nel giugno del 2022». Secondo l’ambasciatrice i tre collaboratori di Lokko non erano infatti in possesso dei requisiti necessari per poter entrare legalmente in Italia. Impossibile per i giornalisti de Il Post sapere quali sarebbero questi requisiti.
I requisiti per ottenere un visto per l’Italia Essere ricchi, non maschi, e soprattutto bianchi
Come spiega Jacopo Storni sul Corriere della Sera «i requisiti per avere un visto sono quasi impossibili da sostenere per la maggior parte degli aspiranti migranti. Al viaggiatore che vuole entrare in Italia è richiesto, ai fini del rilascio del visto, un’assicurazione medica di 30 mila euro valida per i Paesi Schengen per il rimborso delle spese mediche, l’assistenza e il rimpatrio in caso di morte o malattia. E poi c’è la parte ancora più difficile. Serve la prova della disponibilità di mezzi sufficienti per sostenere le spese di soggiorno. Le prove richieste possono essere, ad esempio, gli estratti bancari dei sei mesi precedenti. E soprattutto, si richiede una documentazione giustificativa della propria condizione socio-professionale. Si richiede, di fatto, che l’aspirante migrante sia benestante». Ora non è più nemmeno così: i collaboratori della Biennale evidentemente non hanno problemi di mezzi sufficienti per un soggiorno che sarebbe stato pagato in toto dall’organizzazione, al pari delle spese mediche. Il Post segnala che nel 2019, per esempio, l’ambasciata italiana ad Accra su 1.275 richieste di studenti provenienti da Togo e Ghana che chiedevano di poter venire in Italia a proseguire gli studi universitari, il 95 per cento era stato negato. Allora che serve? Per venire in Italia bisogna essere ricchi, non essere pericolosi artisti gender, non essere maschi e possibilmente non essere prestanti per non rientrare nella morfologia del maschio predatore evocato da Meloni e Salvini, bisogna avere un appuntamento importante solo con la parte giusta del Paese, bisogna portare soldi o offrire l’opportunità di fare soldi ma soprattutto bisogna essere bianchi. E in Ghana di bianchi, ahinoi, ce ne sono pochissimi.
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