Prima c’è stato il Consiglio d’Europa che tre giorni fa ha sottolineato come l’accordo tra l’Italia e l’Albania sui migranti e sull’asilo extraterritoriale fosse “preoccupante per i diritti umani”. Poi è arrivata la bocciatura della Corte Suprema di Londra per l’accordo simile che il governo britannico aveva firmato con il Ruanda. Ora il protocollo firmato da Giorgia Meloni e Edi Rama viene martellato dagli uffici giuridici dell’Unione europea che sottolineano come il memorandum non violi le leggi europee per un motivo banale e tutt’altro che risolutivo: è al di fuori del diritto comunitario.
Protocollo Italia-Albania: solo propaganda
Non c’è niente per cui esultare: “L’intesa sembra applicarsi a tutti i soccorsi effettuati da navi italiane in alto mare, ovvero al di fuori delle acque territoriali italiane e quindi europee”, ha detto la commissaria Ue agli Affari Interni Ylva Johansson rispondendo ad una domanda a Bruxelles. Così mentre gli uffici legislativi dei ministeri degli Esteri, della Giustizia e degli Interni si scapicollano per trovare una quadra giuridica solida, l’Unione europea si limita a sottolineare come i salvataggi dei migranti che Meloni vorrebbe deportare in Albania debbano avvenire in acque non europee dove vige il regolamento di Dublino.
Peccato che le navi “italiane”, quelle della Guardia costiere e della Guardia di finanza, operino per la stragrande maggioranza dei casi in acque italiane (e quindi europee) e le poche volte che sconfinano si spostano nelle acque maltesi, sempre europee. Non esistono operazioni di ricerca e soccorso che si spingano in acque extraeuropee – ad esempio sulle coste libiche – dove le operazioni di ricerca e di soccorso sono state appaltate (anche quelle) alla cosiddetta Guardia costiera libica. Guardia costiera che, tra le altre cose, profumatamente paghiamo e addestriamo per operare spesso al di fuori delle leggi internazionali.
La valutazione preliminare della commissaria europea che precisa come in Albania non di applichi il diritto d’asilo europeo rimanda di fatto alla giurisdizione italiana dove, a dispetto del governo, l’articolo 10 della Costituzione che recita senza troppe possibilità di interpretazione che “lo straniero, al quale sia impedito nel suo Paese l’effettivo esercizio delle libertà democratiche garantite dalla Costituzione Italiana, ha il diritto d’asilo nel territorio della Repubblica, secondo le condizioni stabilite dalla legge”. A questo si aggiunge anche la delicata situazione politica albanese che chiede di entrare nell’Unione europea: Bruxelles difficilmente potrebbe vedere di buon occhio una “delocalizzazione giuridica” in uno Stato che vorrebbe essere membro.
Solito teatrino
Se l’Albania entrerà nell’Ue quell’accordo ovviamente decadrebbe immediatamente e questa incoerenza è una delle maggiori critiche che l’opposizione albanese imputa al presidente Rama. Nel frattempo ieri il ministro per i Rapporti con il Parlamento Luca Ciriani ha annunciato che “non c’è necessità giuridica di una ratifica di questo trattato ma questo non impedisce un dibattito in Parlamento che avverrà martedì con il vicepresidente Tajani”. Il ministro degli Esteri e segretario nazionale di FI nel corso di una conferenza stampa nella sede del partito, ieri a Roma, ha spiegato che martedì sarà in Aula: “Ci sarà il dibattito, ci saranno delle risoluzioni, si voterà. Permettetemi di dire al Parlamento quello che sarà, e non anticiparlo, altrimenti non sarei corretto nei confronti dei miei colleghi. Io ho grande rispetto per deputati e senatori”, dice Tajani. Ma il loro problema principale resta quello di rispettare le leggi e la Costituzione.
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