Repubblica ieri ha raccontato la storia di Michel Ivo Ceresoli, italianissimo con la sfortuna di avere la pelle nera in un’Europa che sancisce il diritto di movimento in modo inversamente proporzionale alla sicurezza della pigmentazione. Come racconta Alessandra Ziniti in Guinea Michel Ivo è sempre vissuto, anche quando il padre se n’è tornato in Italia dimenticandosi della sua famiglia, ma quando il ragazzo ha deciso di venire in Italia ha dovuto scontrarsi con il muro di gomma della burocrazia e con il filo spinato contro gli immigrati.
La storia di Michel Ivo Ceresoli italianissimo ma con la sfortuna di avere la pelle nera in un’Europa
E lui, da italiano, è stato costretto a seguire la stessa strada dei migranti: i trafficanti, il viaggio nel deserto, dal Mali fino alla Tunisia e poi su un barchino fino a Lampedusa. E lì, finalmente in Italia, quando pensava che sarebbe bastato dichiarare la sua identità per essere finalmente libero, la nuova doccia fredda: 8 mesi nel centro di accoglienza di Crotone prima di riuscire finalmente a dimostrare di essere un cittadino italiano e ottenere quella carta di identità che gli spetta.
La vicenda è paragmitaca per comprendere quanto poco valgano i diritti e perfino i documenti quando si approda in Italia e nell’Europa che avrebbe voluto essere la culla del diritto. Basta questa storia per spiegare il razzismo anche ai bambini e per comprendere perché quelli che arrivano dal mare o dall’Afghanistan o dalla rotta balcanica non subiscono lo stesso trattamento degli ucraini o altri stranieri: sono neri, solo quello, semplicemente quello. Ora siamo curiosi di sapere cosa ha da dire il ministro Piantedosi. Vediamo se ora anche nel Michel Ivo è solo colpa sua che non ha pensato a uno sbancamento prima di partire.
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