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Ius Scholae rimandato, ma la politica è da bocciare

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C’è di tutto. Si va dalla riforma degli Istituti tecnici superiori (che la Lega tira per le lunghe per guadagnare tempo), poi c’è la legge per lo spettacolo, poi Terzo settore, poi Roma capitale, c’è Cingolani che riferisce sulla siccità, poi il Ddl Concorrenza, poi quello Semplificazioni e in più c’è anche una crisi di governo paventata, ritirata, riavventata e ritirata di nuovo: i diritti spariscono dall’agenda di governo e vengono rinviati a settembre, esattamente come volevano Salvini e Meloni.

Lo Ius scholae e la legge sulla cannabis sono rimandate

Lo Ius scholae, la legge che prevede la cittadinanza per chi ha completato il ciclo scolastico in Italia (molti sono perfino nati qui) e la legge sulla cannabis (si parla di tre piantine da poter coltivare in casa per essere strappate alla criminalità organizzata) sono rimandate. Solo che in politica rimandare una legge significa affossarla senza nemmeno prendersi la responsabilità di farlo.

Come scrive Carlo Verdelli, direttore di Oggi, “anche cannabis e Ius Scholae si aggiungono mogi alla lunga fila dei diritti promessi e traditi. Rimandati a settembre, cioè a mai, futuro finto. Come quel cartello furbastro nei negozi: oggi non si fanno sconti. E se entri domani c’è lo stesso cartello di ieri”. Mica per niente la Lega esulta. “No droga libera e cittadinanza facile agli immigrati”, ripetono fieri i parlamentari leghisti che come tutti quelli che non riescono a immaginare nuovi diritti possono darsi notare solo affogando quelli degli altri.

Del resto sulla cannabis sarà difficile trovare una mediazione anche con il centrodestra più moderato – troppo complicato approfondire – mentre sullo Ius scholae il Vaticano risulta più progressista di Salvini e Meloni: secondo monsignor Gian Carlo Perego, presidente della Commissione episcopale per le migrazioni della Cei “lo Ius scholae va incontro alla realtà di un Paese che sta cambiando”.

Il sacerdote, intervistato dall’Ansa si è augurato che “le ragioni e la realtà prevalgano rispetto ai dibattiti ideologici per il bene non solo di chi aspetta questa legge ma anche dell’Italia che è uno dei Paesi più vecchi”. Ma vedrete che coloro che si professano ferventi cristiani ora preferiranno rimanere nel cassetto degli stolti razzisti. Soluzioni ce ne sarebbero, eccome.

Basterebbe ad esempio costringere i nostri affaticatissimi parlamentari a lavorare anche di giovedì (con la calura in Parlamento è arrivata la settimana “corta” e il mercoledì sera si chiude la valigia) oppure basterebbe che il centrosinistra facesse ciò per cui è stato eletto ormai 4 anni fa (anche se sembra un’altra era) ovvero battersi per i diritti trattandoli non solo come buoni propositi da sventolare in campagna elettorale ma come veri e propri punti di programma da inseguire con tenacia.

Vi risponderanno – vedrete – che il governo Draghi “tiene insieme troppe anime” che significa fondamentalmente avere partecipato alla costruzione e alla funzione di un governo che si limita a far di conto, senza nemmeno troppo occhio per le minoranze e per la povertà. Se ne parla a settembre, quindi, come per i progetti che in ufficio e sul lavoro vengono sacrificati sull’altare delle vacanze.

Se ne parla a settembre come se fossero dei lavoretti da fare in casa che non richiedono troppa urgenza. Solo che in questo caso lì, dentro in quelle leggi, ci sono le persone che aspettano da una vita di esistere. E anche loro sanno benissimo che il prossimo governo che verrà non promette nulla di buono. Se ne parla tra 6 anni, se tutto va bene.

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