La vicenda delle vacanze di Formigoni mi ha sempre entusiasmato molto poco. Mi annoiano generalmente le polemiche che gocciolano su vicende molto notiziabili mentre trascurano il punto politico: Formigoni è il Presidente eletto con firme false, Formigoni (e l’Aprea) stanno distruggendo la scuola pubblica, Formigoni è l’uomo spaventoso che emergeva già ai tempi di Oil for food, Formigoni ha devastato (devastato, sì) il suolo con un consumo dissennato e affaristico, Formigoni continua sistematicamente a privatizzare i servizi e lottizzare la sanità. Insomma, ho sempre prensato che il tema politico su Formigoni e Regione Lombardia sia grande come una casa e molto più ampio degli scontrini delle sue vacanze. Ma la dichiarazione di Daccò che si legge stamattina su Repubblica ha un senso anche politico:
MILANO – “Da anni, da giugno a settembre lo yacht Ad Maiora è a disposizione di Formigoni… Il presidente è stato mio ospite per tre capodanni ai Caraibi, non mi ha restituito nulla…”. Arriva dal carcere di Opera la risposta alla domanda che Repubblica pone da tempo a Roberto Formigoni su chi gli abbia pagato le recenti, lussuose vacanze. Arriva dal verbale rilasciato sabato scorso da Pierangelo Daccò, il lobbista-consulente-faccendiere, detenuto dal 15 novembre.
LA VERITÀ DEL MARINAIO
Non è raro che a bucare le versioni più blindate siano i dettagli. In questo caso è il marinaio responsabile dello yacht dal simbolico nome “Ad Maiora” a permettere ai pubblici ministeri un salto di qualità: “Tutte le estati, da giugno a settembre – questo si legge in sintesi sul verbale – lo yacht era messo nella disponibilità esclusiva del presidente della Regione Lombardia. Daccò usava l’altra barca, riservando “Ad Maiora” a Roberto Formigoni”.
A STAGIONE COSTA 50MILA EURO
Quando il procuratore aggiunto Francesco Greco e i suoi sostituti mettono questa verità portuale (e non politica) sotto gli occhi del milionario detenuto, Daccò reagisce. È ritenuto il perno delle inchieste nate sul crac dell’ospedale San Raffaele e sul dissanguamento dei conti della fondazione Maugeri. Cerca di trovare le parole giuste: “Non si può definire come un’esclusiva, perché qualche volta m’imbarcavo anch’io. Però effettivamente ogni anno, da diversi anni, da giugno a settembre “Ad Maiora” è a disposizione di Formigoni”.
In Liguria, in Sardegna, per i week end, e con la mania del presidente per il fax, che costringe a deviazioni di rotta, in modo da poter ricevere e trasmettere ritagli di giornali e documenti. La barca costa, quanto?, domandano i magistrati. “I costi oscillano tra i 30mila e i 50mila euro a stagione”, è la risposta.
Contributi, divisione spese? Zero. Sa o no Roberto Formigoni che Eurosat Telecommunication Ltd, la società irlandese di Daccò, ha pagato quasi 150mila euro di costi vivi dello yacht “Ad Maiora”, escluse le spese del personale, che comprendono stipendio e carta di credito per le spese quotidiane? “Formigoni era mio ospite, non mi ha mai restituito nulla”, ammette Daccò. Tanti parlano di “amicizia”, in questa storia, e non di favori, benefici, regali di varia natura. Nemmeno parlano di lobby, anche se “Ricordo che Daccò mi disse che era opportuno continuare ad avere la disponibilità della barca perché – si legge nel verbale del “socio” di Daccò, l’ex assessore dc Antonio Simone – poteva servire per le pubbliche relazioni”.
Roberto Formigoni è un bugiardo. Ed è un bugiardo che è andato a sbriciolarsi sul caso di una barca al mare come un adolescente con i pantaloni abbassati in cameretta che nega all’infinito perché non ha più il senso della realtà, ha perso la responsabilità di dare delle risposte e si è arroccato come si arroccano quelli che sanno benissimo di non potere dare troppe spiegazioni su troppi punti.
Forse il governatore non si rende conto che essere smentiti da un faccendiere in carcere (e il suo marinaio) lascia un senso di desolazione generale peggiore del Trota o della Minetti su Regione Lombardia perché svela la bugia sistematica accettata come strumento di potere e di comunicazione con gli elettori, racconta di luoghi non istituzionali che puzzano di decisioni politiche prese “fuori scena” successivamente giustificate e travestite in Consiglio e Giunta e illumina uno stile completamente scollegato dai cittadini. Poi ci viene a dare lezioni sull’antipolitica. Lui.