Quando la lezione della Storia sembra essere finita in un cassetto per non doverla ricordare. Le parole sono del 1974 e a scriverle è Pio La Torre. Quelli che ne hanno fatto tesoro sono sulle dita di una mano. Evidentemente sempre ai margini della nostra classe dirigente.
Occorre riconoscere che in questi ultimi 10 anni le cosche mafiose hanno subito dei colpi e hanno visto ridotta la loro presa politica. Ciò è accaduto, prima di tutto, per un notevole elevamento della coscienza civile e democratica del popolo siciliano, elevamento strettamente legato alla azione e alla lotta incessante condotta dai partiti di sinistra e da tutte le organizzazioni sindacali e democratiche. L’esito vittorioso del referendum sul divorzio, anche in Sicilia, testimonia questo avanzamento. Rimangono però incrostazioni gravi e pericolose che debbono preoccupare tutte le forze democratiche isolane. Ma ora il fenomeno ha assunto caratteristiche tali da interessare sempre più l’intero territorio nazionale. La Commissione Antimafia ha dimostrato che l’istituto del soggiorno obbligato si è rivelato controproducente. Addirittura scandalosa è la scelta (che è stata fatta dal Ministero degli Interni!) delle località in cui inviare i «mafiosi». Sembra che si sia voluto costruire una rete criminale attorno alle metropoli del Nord. La mafia, d’altro canto, ha potuto sfruttare lo stato di disagio di una parte degli emigrati meridionali che, arrivando al Nord, incontrano difficoltà ad un inserimento nelle attività produttive e non trovano un adeguato tessuto democratico e associativo in grado di assisterli. Ci si ripresenta qui, in una certa misura, il fenomeno che all’inizio del secolo si manifestò nelle metropoli americane con l’arrivo degli emigrati siciliani. D’altro canto i collegamenti fra mafia e gangsterismo siculo-americano non sono stati mai interrotti. Anzi, possiamo dire, che in taluni campi (vedi quello della droga!) è il gangsterismo americano che «dà lavoro» alla mafia siciliana. È evidente che, ancora oggi, i tentacoli della mafia possono muoversi agevolmente nell’ambito di un’organizzazione dello Stato largamente inefficiente e di un sistema di potere che offre ampie connivenze.