Salvini e Meloni ieri non hanno parlato. Hanno capito probabilmente che con un campo di centrosinistra così convulso conviene quasi stare zitti, visto che ogni volta che aprono bocca infilano qualche figura barbina. Silvio Berlusconi, rintanato nel suo berlusconissimo silenzio, fa la conta dell’emorragia di parlamentari che ora lo dipingono come un despota. Del resto non c’è niente di peggio dell’acredine di un servitore che ha trovato un padrone più conveniente.
Dall’altra parte succede di tutto. Gli uomini di centrodestra che ora magicamente verranno rivenduti sul banco del centrosinistra si presentano subito magnificamente. Andrea Cangini (uno dei nuovi idoli del centrosinistra dopo avere mollato Berlusconi) dice: «Carfagna, Brunetta o Gelmini potrebbero essere i candidati premier del centrosinistra». Sembra uno scherzo ma non lo è: il campo largo di Enrico Letta rischia serenamente di essere l’incubatore del prossimo centrodestra. Quando accadrà molti fingeranno di non essersene accorti.
A proposito di candidato presidente del Consiglio, Carlo Calenda (ormai ufficialmente nel campo del Pd) appena arrivato detta già le sue regole e propone Draghi come presidente del Consiglio. Ci sono due piccoli particolari non trascurabili: Draghi non è disponibile (ma per Calenda l’importante è l’effetto che fa, come tutti i populisti che si rispettino) e lo statuto del Pd all’articolo 5 dice: «Il Segretario nazionale rappresenta il partito, ne esprime la leadership elettorale ed istituzionale, l’indirizzo politico sulla base della piattaforma approvata al momento della sua elezione ed è proposto dal partito come candidato all’incarico di presidente del Consiglio dei ministri».
Renzi è sempre più solo. Avrà avuto una nottata difficile leggendo che Di Maio vale più della sua creatura politica. Il leader di Italia viva continua a ripetere “noi corriamo da soli” e intanto bussa a tutte le porte, come un vero e proprio stalker di Enrico Letta. Intanto Nicola Fratoianni e Angelo Bonelli cominciano ad avere più di un problema con i loro elettori non proprio entusiasti della prospettiva di correre in coalizione con Calenda (che è per la distruzione dello Stato sociale e per le centrali nucleari) e con Brunetta, Gelmini e compagnia. Calenda intanto ieri ha proposto di risolvere il tema dell’immigrazione «aumentando i rimpatri»: un’ottima soluzione di destra (politicamente è la stessa posizione di Meloni e Salvini) tra l’altro inattuabile, come un vero populista.
La cosa più incredibile sono i veti che stanno per cadere. Ne ha fatto un riassunto perfetto il giornalista di Repubblica Matteo Pucciarelli: «Il #vetometro del 25 luglio. Calenda: mai con M5s, rossoverdi e Di Maio. Di Maio: mai con M5s. Rossoverdi: mai con Calenda e Renzi. M5s: non ci vogliono più, cattivi! Pd: tutti insieme tranne che con il M5s. Renzi: candidatemi. La destra naturalmente trema».
Siamo in piena distopia.
Buon martedì.