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Visto che da mesi assistiamo alle lezioni focose di presunti esperti di propaganda e disinformazione – tutta gente che poi scivola in difesa di questo o quel leaderino a cui sono affezionati – sarebbe bello sottoporre alla masnada di giornalisti geopolitici dell’ultim’ora il titolo di oggi del Wall Street Journal, quotidiano spesso sventolato per certificare “l’autorevolezza dell’Italia all’estero”.
La Fake News a stelle e strisce
Il quotidiano Usa, con un affondo mirabile di fantasia, titola “il primo ministro italiano Mario Draghi si dimette mentre la coalizione crolla” e sotto ci scrive “la coalizione di governo ha litigato sull’opportunità di inviare armi in Ucraina”. Lo slancio è notevole: mettere insieme la guerra con la crisi del governo italiano facendo credere che il motivo del contendere sia l’invio delle armi in Ucraina è fieno per il Partito Unico Bellicista e per i complottisti demenziali che in queste ore vorrebbero farci credere che sia addirittura Vladimir Putin il regista della crisi del governo Draghi. Sia chiaro: che Putin sia contento di un’eventuale caduta di Draghi (come di qualsiasi caos e indebolimento del fronte politico in Europa) è un dato di fatto. Che Putin sia il mandante della crisi è roba da complottisti di quart’ordine.
Eppure il Wall Street Journal, come un giornaletto russo qualsiasi, manipola la realtà e sul suo account twitter seguito da 20 milioni di persone scrive: “Il primo ministro italiano ha detto che si sarebbe dimesso dopo che la sua coalizione è andata in pezzi per i disaccordi sull’invio di armi in Ucraina”. I giornalisti Eric Sylvers e Marcu Walker scrivono nel pezzo: “Draghi ha detto che si sarebbe dimesso dopo che un partito chiave della sua coalizione ha ritirato il suo sostegno al suo governo a seguito di litigi tra i gruppi sull’opportunità di inviare armi in Ucraina e quanto sostegno finanziario dare alle famiglie italiane scosse dall’alta inflazione”. Qui in Italia abbiamo qualcuno che sbraita di un governo caduto “per un termovalorizzatore a Roma”. Il “soft power” statunitense (che non è altro che propaganda, seppure elegantissima) è riuscito addirittura a fare di peggio.
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