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La Lega verso il Congresso: nel partito tira aria di processo per Salvini

Non sarà uno “zero virgola uno in più” a salvare il leader della Lega Matteo Salvini. Non basta e non basterà nemmeno provare a insistere sul “tradimento” del fondatore Umberto Bossi che ha candidamente confessato di avere preferito Forza Italia alla Lega nell’urna delle ultime elezioni europee. Calerà anche l’onda di Vannacci, ora comodamente seduto a Strasburgo. Sul generale più di qualcuno in casa Lega sta già scommettendo quanto ci metterà a mettersi in proprio, con tanti saluti a Matteo che l’ha usato come salvagente. “Vannacci è un’importante operazione di marketing politico”, ha detto il capogruppo leghista in Senato Massimiliano Romeo. Una “grande intuizione di Salvini”, certo, ma secondo Romeo il sorpasso di Forza Italia deve indurre “a delle riflessioni” che vanno “fatte nelle sedi competenti” perché “occorre riguadagnare territorio, rafforzare la nostra base, stare più vicino ai nostri amministratori” senza dimenticare “la questione settentrionale”. Nelle parole del capogruppo brillano tutte imputazioni del segretario Salvini al prossimo congresso federale.

Alla Lega non si vede un congresso degno di questo nome dal 2017

Il congresso, appunto. Lo statuto finale della Lega per Salvini premier dice che il Congresso Federale è convocato dal Segretario Federale in via ordinaria ogni 3 (tre) anni. Le cose non sono andate proprio così. L’ultimo congresso degno di questo nome risale al 21 maggio 2017, ben sette ani fa. Matteo Salvini vinse con l’82,7% dei voti ma si tratta di un’era geologica fa. Con i big del partito c’era Roberto Maroni che fece il gesto dell’ombrello. Salvini prometteva “con il Pd né adesso né mai”, lo sfidante per la segreteria era l’allora assessore lombardo all’Agricoltura, Gianni Fava. Il congresso del 2019 è stato un passaggio formale per accentrare ancora più potere in mano al “Capitano” che in quei tempi pareva inarrestabile. In mezzo solo congressi locali, al massimo regionali, in cui le voci dissidenti si sono spente nelle cronache locali. 

Oggi il primo sfidante che si è esposto è Roberto Marcato, assessore regionale alle Attività produttive in Veneto. Non è un caso. “Abbiamo perso tutti gli eurodeputati veneti. – spiega Marcato – Il più votato, anche qui, è un signore che, sul tema dell’autonomia, sostiene che la riforma del Titolo V della Costituzione basti e avanzi. Rispetto alle ultime politiche, che già erano state un bagno di sangue, abbiamo perso ulteriori voti”. Il suo collega nella Giunta di Zaia, l’assessore all’Ambiente Gianpaolo Bottacin, parla di “Lega finita”, diventata “la brutta copia di Fratelli d’Italia” e la voce che circola è che sia pronto a traslocare armi e bagagli verso Forza Italia. 

C’è già uno sfidante, l’assessore regionale Roberto Marcato. E non è un caso che sia veneto

Lui, Salvini, aveva promesso il “congresso dopo le europee” e le europee sono passate. Ora ha annunciato il congresso in autunno. Lì non ci sarà nessuna “operazione di marketing” che tenga. Al congresso molto nervosi ci arriveranno i presidenti di Regione, dal veneto Zaia al lombardo Fontana passando per il friulano Fedriga. Salvini già nella prima conferenza stampa notturna dopo le elezioni europee ha confermato la sua candidatura. “Non cambia nulla”, continua a ripetere, spiegando da amici e giornalisti di “non avere mai pensato di lasciare”. 

“La strategia di un partito non si può costruire con i giochi di prestigio validi per un turno elettorale”, avvisa il consigliere regionale in Veneto Marzio Favero. “Facciamo il congresso per discutere di tutto”, assicura Salvini. In Francia gli stati generali con l’aristocrazia e con il clero vennero convocati dal Re dopo 170 anni passati senza consultare nessuno. Era troppo tardi.  

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