Il responsabile editoriale di Pagella politica Carlo Canepa sottolinea una frase pronunciata dalla presidente del Consiglio Giorgia Meloni durante il suo pomposo annuncio di candidatura alle prossime elezioni europee: «Lo faccio perché mi sono sempre considerata un soldato, e i soldati, quando devono, non esitano a schierarsi in prima linea».
L’utilizzo di un linguaggio militare in tempi di guerra per infiammare un gesto che non è nulla di più di una candidatura meramente simbolica serve per sottolineare l’essere in linea con il tempo. Ma è ridicolo, eccome, perché la prima linea di cui parla Giorgia Meloni è semplicemente un nome usato come simbolo per aggiungere forza a una votazione che di simbolico non ha nulla. La politica come marketing bellico è un modus che di solito si pratica con un minimo di vergogna ma la fierezza in queste ultime elezioni è un caso scuola.
Si tratta dell’ennesimo riferimento alla politica (e quindi alla vita) come guerra costante, con avversari da sconfiggere, armi da scovare, idee da debellare, territori da conquistare. Come scriveva Michele Nigro in un importante articolo su Pangea la lingua “diventa brutta e imprecisa perché i nostri pensieri sono stupidi, ma a sua volta la sciatteria della lingua ci rende più facili i pensieri stupidi […] pensare con chiarezza è il primo passo necessario verso una rigenerazione politica: così la lotta alla cattiva lingua non è un vezzo e non riguarda solo gli scrittori di professione”.
Se Giorgia Meloni si schiera in prima linea per le europee possiamo quindi dire che Meloni sa già che diserterà, se dovessimo seguire la sua metafora. Le parole sono importanti. Ecco spiegato perché intellettuali e scrittori diventano nemici.
Buon lunedì.
Nella foto: frame del video della conferenza programmatica di FdI, Pescara, 28 aprile 2024