Ieri il governo si è dimenticato di commemorare la strage di piazza della Loggia. La strage di matrice neofascista di cinquant’anni fa probabilmente imbarazza ancora cinquant’anni dopo. Ma chi può sentirsi imbarazzato se non coloro che si sentono eredi della cultura politica dei mandanti?
Il presidente della Repubblica Sergio Mattarella ieri ha detto che gli attentatori volevano «punire e terrorizzare chi manifestava contro il neofascismo e in favore della democrazia», ma era anche «un tentativo di destabilizzazione contro la Repubblica italiana e le sue istituzioni democratiche. In Italia vi era chi tramava e complottava per instaurare un nuovo regime autoritario. Contro la Repubblica, nata dalla lotta della Resistenza, che aveva indicato le sue ragioni fondanti nella democrazia, nella libertà, nel pluralismo, nella solidarietà, principi scolpiti nella Carta Costituzionale».
A Brescia a rappresentare il governo c’era la ministra Anna Maria Bernini. Il presidente del Senato Ignazio Maria Benito La Russa non è riuscito a pronunciare la parola “fascista”. Nè lui né il presidente della Camera erano presenti a Brescia. Rimane per terra il post con cui il quotidiano Secolo d’Italia scrive “Sì, la Repubblica italiana è a Brescia, dove c’era Mattarella. Ma è anche a Caivano dove c’era la premier”. Giorgia Meloni era a Caivano e in serata ha scritto “continueremo a lottare contro ogni forma di terrorismo, affinché libertà e democrazia restino i soli pilastri sui quali si fonda la nostra Nazione”. Ma anche a lei manca la parola indicibile.
Buon mercoledì.
Nella foto: La piazza pochi istanti dopo l’esplosione (Silvano Cinelli wikipedia)