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La pifferaia ha perso la sua magia

Il pifferaio magico Giorgia Meloni (qui lo mettiamo al maschile così soddisfiamo il suo machismo declinatorio) ieri ha passato l’intera giornata a passeggiare per le vie della stampa nazionale irretendo gli opinionisti.

La musica sullo spartito è sempre la stessa, una fanfara ormai greve di nazionalismo senza spinta che vede “l’Italia rialzarsi”, “protagonista in Europa”, che “celebra il successo sul fronte migratorio”, con “l’economia più affidabile in Europa” in cui tocca stringersi a coorte per non perdere l’occasione del Pnrr.

Mentre la presidente del Consiglio intonava la sua visione fiabesca, però, non c’è traccia della terza rata del Pnrr e forse per pudore non è stata richiesta la quarta, gli sbarchi sono scomparsi solo dalle notizie della stampa amica, i suoi alleati ingolfano l’Unione europea, il manifatturiero italiano è fanalino di coda in Europa, i pasti per gli italiani costano 4 miliardi in più all’anno (lo dice Coldiretti), i dati della discriminazione sul lavoro sono allarmanti e colpiscono i precari che saranno ancora di più per il Decreto lavoro, l’Emilia Romagna sta vivendo l’emergenza più lenta della storia d’Italia.

A differenza di quello di Hamelin, però, il pifferaio di Palazzo Chigi non lo seguono nemmeno i compari. Mentre Meloni magnifica il suo governo i leader suoi alleati, Tajani e Salvini, se le danno tutto il giorno di santa ragione per la collocazione europea. Nemmeno i fratelli Grimm erano arrivati a tanto.

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