Mi ostino a credere che la qualità del dibattito politico sia la misura della febbre della democrazia. Continuo a credere che ci sia una bellezza che è l’unica strada per arrivare all’etica nella politica come nelle professioni e nello stare insieme di questi tempi così bui e antisociali. Se dovessi scegliere un “corso” per una “scuola di politica” (che sarebbe nella forma dell’idea ateniese della scuola di cittadinanza) credo che l’uso etico della parola sarebbe una delle materie obbligatorie. E così oggi sarebbe obbligatorio avere dei contenuti di cui parlare prima di presentare qualsiasi lista e qualsiasi nome agli elettori e sarebbe pressante l’impegno di coltivare una chiave di lettura collettiva dei processi di decisione e gestione dei partiti, dei movimenti fino alla cosa pubblica. Una cosa seria, insomma, con la professionalità che sta nel senso più antico del termine: professare i propri valori in ciò che si fa.
Riprendendo la riflessione di Tommaso Pincio nella bella intervista di Carmine Saviano che gli chiede del dibattito politico come “fantascienza” e risponde:
Magari lo fosse. La fantascienza è quasi sempre una metafora del tempo presente, una narrazione che pone domande e impone scelte, costringendoci a stabilire in quale misura il mondo immaginato corrisponde alla realtà in cui viviamo. La realtà mi pare invece sempre più somigliante a una società dell’avanspettacolo. Pensi alla gag patetica e antiquata del politico settuagenario che pulisce col fazzoletto la poltrona su cui altri si sono seduti. Possiamo rivendicare una diversità, è vero; possiamo sostenere di essere altra cosa rispetto a un comico che non fa più ridere.
E in effetti è proprio così: siamo altro, siamo il pubblico che lancia pomodori, l’al di qua del teatrino senza il quale il teatrino non esisterebbe. Il vero male sono però gli infiltrati, i dissimulatori, i membri della compagnia di giro che scendono in platea spacciandosi per spettatori. E sono proprio loro a urlare di più, a lanciare i pomodori più grossi.
Le parole sono importanti. Le parole sono politica.