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Comprereste un prodotto, un prodotto qualsiasi, da un’azienda che manda in onda uno spot con il suo amministratore delegato che elogia i materiali che non usa nella sua azienda, i processi costruttivi che non si adottano nei suoi capannoni o la rete di vendita di qualche altro marchio? No, sicuro.
Anzi probabilmente vi chiederete come possa accadere che un amministratore delegato possa rimanere ancora lì al suo posto, come possa piacere al suo consiglio di amministrazione e come possa godere della fiducia dei clienti e dei dipendenti.
Davanti ai giornalisti l’Ad della Rai Carlo Fuortes spiega che “la qualità” bisogna cercarla fuori dalla Rai
A proposito di dipendenti, immaginate di partecipare alla conferenza stampa di inizio stagione del vostro capo e immaginate di ascoltarlo mentre spiega alla stampa che poiché ha deciso di puntare “al meglio” ha scelto di prendersi “il meglio” fuori dall’azienda. Immaginate un’azienda con 1.858 dipendenti e il capo di quell’azienda mentre spiega che ha dovuto cercarne uno esterno all’azienda, uno che ha lo stesso titolo e la stessa mansione, per inseguire la qualità.
È quello che è accaduto in Rai, con l’amministratore delegato Carlo Fuortes che ha testualmente detto «Marco Damilano lo conosciamo, un professionista straordinario. Certo, non è un interno, ma quando si fa una tv di servizio pubblico bisogna puntare alla qualità». Il sottotesto implicito ovviamente è che in Rai per cercare la qualità bisogna aprire la porta di ingresso e farsi un giro fuori nel mondo. Non male come tutela dell’immagine e della qualità dell’azienda.
Presentando il giornalista Marco Damilano Fuortes spiega: «Certo, non è un interno, ma quando si fa una tv di servizio pubblico bisogna puntare alla qualità»
Del resto questo è il primo problema di questa Rai impestata di politica: riuscire immancabilmente ogni volta a svendersi e svalutarsi senza avere bisogno che siano i suoi concorrenti a farlo. Così Fuortes ci ha spiegato che nessuno di quei 1.858 giornalisti potrebbe portare un apporto di qualità alla testata, come se loro (e tutti i 12.711 dipendenti) fossero solo un fardello di cui doversi fare carico per accontentare tutti i partiti.
Qualcuno, anticipiamo già la possibile giustificazione, potrebbe dirci che Fuortes avrebbe voluto dire che esiste qualità “anche” fuori dalla Rai. Ma il dubbio è lo stesso: chi si prende la responsabilità di valorizzare la Rai se è pagato per quello?
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