Avevo depositato qualche settimana fa u’interrogazione che si riferisce all’apparecchio per la tomografia assiale computerizzata dell’Ospedale Maggiore di Lodi e di Cologno. La premessa si riferisce al fatto che, dall’inizio dell’anno, il funzionamento di questo apparecchio per la TAC sia andato più volte incontro ad interruzioni, con evidenti disagi per i pazienti.
Il reparto di radiologia pare non sia fornito di un impianto di condizionamento centralizzato e pare che il caldo possa causare questo blocco. La nuova TAC, d’altro canto, sarebbe dovuta arrivare tra gennaio e febbraio, ma il capitolato per l’acquisto di questa apparecchiatura non è stato ancora effettuato, né sono state precisate le tempistiche di acquisto dei nuovi apparecchi per la TAC.
Nell’interrogazione si domanda se sia stato effettuato un controllo sul regolare funzionamento dell’apparecchio in questione, se corrisponda al vero l’esistenza e la predisposizione di un apposito capitolato per l’acquisto di nuovi apparecchi, se siano state appurate le cause effettive che determinano questi problemi di funzionamento e se nel caso si presentassero nuove interruzioni e guasti siano state previste valide soluzioni alternative.
Ecco la risposta dell’Assessore Bresciani data in Commissione:
Rispondo dettagliatamente, ma in modo abbastanza sintetico. Poi mi riservo di rispondere a vostre domande e certamente di darvi la documentazione, che è più ampia e più dettagliata nelle particolarità.
Dobbiamo, dunque, dirci che le apparecchiature di cui si parla, entrambe, hanno un contratto di manutenzione che è full-risk, cioè per ogni evento interviene la struttura che ci ha venduto le apparecchiature.
Ci sono dei passaggi di manutenzione programmata, che è quattro volte l’anno secondo gli schemi standard. C’è una manutenzione correttiva su chiamata illimitata nel contratto, il full-risk, che dice che praticamente, quando non funziona qualcosa, ovviamente arrivano subito. C’è, infine, un controllo anche su tutte le parti di ricambio e gli accessori. Questo è un contratto classico, standard. Ovviamente, viene redatto un verbale alla fine del lavoro in presenza dei responsabili dell’apparecchiatura radiologica, degli infermieri e quant’altro. Insomma, c’è tutta questa procedura.
Lei ha colto nel segno quando dice che la locazione di questa apparecchiatura, soprattutto a Lodi, è una locazione non idonea – diciamo non idonea in modo molto sottile – perché è locata in un posto dove la ventilazione non è garantita molto bene. Cioè, per apparecchiature precedenti andava bene, ma questa produce calore e, di conseguenza, soffre soprattutto nel periodo estivo. Peraltro, c’è molto afflusso, lavora molto l’apparecchiatura. Però, nel contesto di questi servizi che sono indispensabili in questo momento si sta facendo tutta una ristrutturazione sia delle strutture murarie che di ricezione di questi apparecchi e già è in programma l’adeguamento della struttura alle necessità strette che le nuove apparecchiature richiedono. Credo che avrete già sentito parlare che nel campo delle immagini c’è una sofisticazione estremamente elevata, di conseguenza l’immobile non è più adeguato alle nuove tecnologie. Quindi, c’è tutto un programma di ristrutturazione.
Nel programma di ristrutturazione poi, ovviamente, si andrà a collocare l’apparecchiatura, che prima deve godere della sede in cui alloggiare. Altrimenti, cadiamo nello stesso problema.
Questo è nella logica anche delle risposte necessariamente legate agli sviluppi dei sistemi sanitari di cui noi abbiamo sempre parlato.
Che cosa penso – cerco di essere sintetico, poi mi riservo di darle i dettagli, Consigliere Sola, nel caso lei lo ritenesse opportuno – sia necessario fare? Dicevo, la collocazione in questi ambienti richiede un piano rialzato, l’esposizione rende impervio il microclima, ed è difficile controllare il microclima proprio per una questione strutturale.
Che cosa si fa quando succede, intanto, che si ristruttura e si adegua tutto nel miglioramento delle strutture ricettive delle apparecchiature? Ebbene, quando la TAC si guasta, necessariamente si avvisano i pazienti che sono nell’ambito delle liste ambulatoriali che vengono redatte che l’apparecchio non funziona e che, quindi, l’esame viene rinviato. Se l’interruzione è superiore alle ventiquattro ore si cerca di dirottare i pazienti verso aree che sono limitrofe, vicine per non dare disagio, ma si va a supplire questa mancanza di servizio, che ci auguriamo duri il tempo stretto e molto costretto della ristrutturazione. Se non ristrutturiamo, non risolviamo quel problema.
I programmi ci sono. Per quanto riguarda il 118, prima che arrivino i pazienti che hanno bisogno di avere delle indagini TAC in caso di guasto si dirottano direttamente su Codogno, Crema e Cremona.
Direi che in sintesi il problema è tecnico-strutturale e che la programmazione è tale per cui si fanno questi interventi appena è possibile avere questi interventi. Noi avremo le apparecchiature collocate in un ambiente ideale, di conseguenza limiteremo anche i guasti che sono legati esclusivamente a dei problemi tecnici non tanto dell’apparecchiatura, ma proprio di locazione e di mole di lavoro.
È chiaro che c’è priorità e c’è una grossa pressione a cercare di arrivare al raggiungimento dell’esecuzione edilizia con la massima velocità. Però, lei sa bene che questi sono percorsi che incontrano, nella ristrutturazione, delle complessità maggiori che non nella costruzione, per cui qualche sorpresa sul percorso c’è.
Lei sa bene che la ristrutturazione costa più della nuova struttura, ormai, tant’è vero che in alcuni ambienti nordici l’ospedale viene costruito per una durata di trent’anni, poi viene disfatto e ne viene fatto uno nuovo. Noi purtroppo non abbiamo questa filosofia. Abbiamo degli ospedali di marmo che devono durare duecento anni, e poi non si riesce a introdurre una fibra ottica.