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La stampa che piace al regime

Un ministro della Repubblica che in un’intervista delegittima in un colpo solo la stampa e la magistratura per difendere una sua collega è un capolavoro di berlusconismo nell’anno primo dopo Berlusconi. Il ministro alla Guerra Guido Crosetto lo fa evocando “dossier confezionati” da “pezzi di istituzioni” per “far male al governo”.

Anzi, fa di più, avvisando quelli che lui chiama “sciacalli” (ovvero i giornalisti) del rischio di dossieraggio. Crosetto non sa che i giornalisti lavorano con le notizie e dimentica di essere nella delicata posizione di essere l’unico ad avere accesso ai “dossier”. Poche ore prima il vice presidente del Senato Maurizio Gasparri se l’era presa con il giornalista Marco Damilano (parlando di “suoi spartiti da nullità”) e la giornalista Lucia Annunziata accusata di “faziosità, approssimazione e maleducazione”.

Tra le altre cose Gasparri è un giornalista. Nella stessa giornata Matteo Renzi annuncia che presenterà un’interrogazione in Vigilanza Rai per sapere dei compensi di chi – secondo lui – difenderebbe Putin in televisione. Renzi e Crosetto – vale la pena segnalarlo – hanno fatto asse per il comune odio verso Sigfrido Ranucci e la sua trasmissione Report.

Renzi – giova ricordarlo – prende soldi (questo non ha bisogno di verifiche) dal regime Saudita, dove i giornalisti non se la passano benissimo. Nel frattempo il capo ufficio stampa di Giorgia Meloni lascia il suo posto per la poltrona di direttore di un quotidiano “che piace” al governo. In questo Paese politica e informazione sono una melassa indistinguibile. Altrimenti la stampa è un pericolo da estirpare.

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