Ursula von der Leyen ha cercato di rallentare un rapporto ufficiale dell’Unione Europea che critica l’Italia per l’erosione della libertà dei media, nel tentativo di ottenere il sostegno di Roma per un secondo mandato come presidente della Commissione Europea. Secondo quattro funzionari sentiti da Politico, un’indagine della Commissione evidenzia un giro di vite sulla libertà dei media in Italia da quando Giorgia Meloni è diventata presidente del Consiglio nel 2022. Il rapporto annuale sullo stato di diritto nei paesi dell’Ue, previsto per il 3 luglio, sarà invece ritardato fino alla nomina del nuovo presidente della Commissione, che potrebbe avvenire tra luglio e settembre.
Il ritardo del rapporto è insolito ma rischia di sembrare politicamente motivato: von der Leyen sta cercando il sostegno dei leader dell’Ue, Meloni inclusa, per assicurarsi un secondo mandato di cinque anni alla guida dell’esecutivo europeo. Le interferenze governative nei media e le cause legali contro i giornalisti sono aumentate negli ultimi due anni, come avvertono le associazioni internazionali della stampa. I giornalisti della Rai hanno scioperato a maggio per protestare contro il tentativo di “trasformare la Rai in un portavoce del governo”. La Commissione europea aveva già criticato l’Italia lo scorso anno nel suo rapporto sullo stato di diritto per l’uso crescente della legge sulla diffamazione contro i giornalisti.
L’accusa di Politico a von der Leyen
Secondo un funzionario della Commissione, scrive Politico, “c’è visibilmente una volontà di mettere il freno alle questioni relative all’Italia e allo stato di diritto”, e ha indicato gli sforzi di rielezione di von der Leyen come ragione del ritardo del rapporto. Il gabinetto della presidente avrebbe chiesto al segretariato generale dell’esecutivo dell’Ue di posticipare la pubblicazione del rapporto. Almeno due altri funzionari della Commissione hanno chiesto ai giornalisti nelle ultime tre settimane di non fare domande sulla posizione dell’esecutivo dell’Ue riguardo alla “situazione in Italia”, riferendosi alle misure che minacciano la libertà dei media e agli scioperi dei giornalisti.
Von der Leyen ha tenuto aperta la porta al partito di destra Fratelli d’Italia di Meloni e al suo gruppo del Parlamento europeo, i Conservatori e Riformisti Europei (ECR), discutendo su come garantire il sostegno alla sua candidatura. Durante un dibattito elettorale a maggio, ha definito Meloni “pro-stato di diritto”. I capi di stato e di governo si incontreranno per una cena informale lunedì (stasera) e nel Consiglio Europeo formale il 27-28 giugno. Il Parlamento Ue ha segnato il 18 luglio come il giorno in cui i parlamentari potrebbero votare per eleggere il prossimo presidente della Commissione Europea, ma potrebbe anche essere spostato a settembre, se necessario.
Un funzionario parlando con Politico ha invece giustificato il ritardo del rapporto sullo stato di diritto, affermando che l’obiettivo è di evitare la sensazione che sia collegato alle discussioni politiche in corso sulla rielezione di von der Leyen. “Stiamo limitando la nostra azione per non essere accusati di politicizzare troppo”, ha detto il funzionario. “Qualunque cosa facciamo ora, per qualunque ragione, sarà accusata di essere politica”.
I diritti in Italia
L’Italia non ha visto aumentare solo la pressione sulla libertà dei media: anche i diritti LGBTQ+ e delle donne sono sotto attacco. Partner dell’Ue e internazionali, incluso il Primo Ministro canadese Justin Trudeau, hanno criticato le iniziative del governo per cambiare le regole sulla tutela legale per i genitori dello stesso sesso. Il recente summit del G7 di quest’anno ha acceso una nuova controversia intorno alla vicenda del riferimento agli “aborti sicuri e legali” rimosso dalla dichiarazione finale.
Da tempo le associazioni della stampa hanno aumentato i loro avvertimenti sulle interferenze governative e sulle cause legali contro i giornalisti. L’Italia è scesa di cinque posizioni al 46º posto nell’ultimo Indice Mondiale della Libertà di Stampa di Reporters Without Borders (RSF). Il capo dello stato di diritto dell’Unione Europea, Věra Jourová, ha dichiarato questo mese che la Commissione Europea sta seguendo da vicino le “tendenze negative” sulla libertà dei media in Italia, insieme ad altri paesi come la Slovacchia.
L’interferenza di von der Leyen per evitare critiche aperte all’Italia sulla libertà dei media avrebbe irritato il personale all’interno della Commissione. L’interferenza viene considerata dannosa, poiché molti ritengono che von der Leyen, nel suo ruolo di presidente della Commissione, e tutti i servizi della Commissione non dovrebbero interferire nel processo per eleggerla per un secondo mandato.
L’Europa che avrebbe voluto essere “patria dei diritti” evidentemente è pronta a sacrificarli sul tavolo delle trattative politiche. Così la “ritrovata autorevolezza internazionale dell’Italia” sventolata dai partiti di governo rischia di diventare una merce di scambio sul tavolo di Bruxelles.
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