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Le bombe non fermano la guerra, solo il negoziato può riuscirci. Parla il coordinatore della Tavola della Pace, Flavio Lotti: “Alziamo la voce contro il partito unico bellicista”

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Flavio Lotti, coordinatore nazionale della Tavola della Pace, è incastrato tra gli ultimi appuntamenti perché sia tutto pronto. Da sempre impegnato per la pace è tra le menti (e i cuori) dell’evento di Roma. Riusciamo a rubargli una chiacchierata.

Iniziamo con la domanda delle domande: a che serve una marcia per la pace?
“Questa manifestazione è necessaria, direi terribilmente necessaria, per fermare la guerra. Per chiedere alle nostre istituzioni, a tutti i responsabili della politica nazionale e internazionale, di fare quello che non hanno ancora fatto: mettere in campo tutte le iniziative che possono togliere la parola alle armi e restituirla alla politica. Perché tutte le guerre finiscono solo se la politica riesce a prendere il sopravvento sulla forza. Anche in questo caso rischia di essere l’unica reale possibilità”.

Qui arriva subito la prima obiezione: non è Putin che deve fermarsi?
“Sono quasi 9 mesi che i governi dell’Ue e dell’Occidente hanno deciso di fare la guerra per fermare la guerra di Putin. Alcuni risultati sul piano militare li hanno ottenuti ma nel contempo la guerra non si è per niente fermata. Anzi, si è aggravata e sta diventando sempre di più devastante. Questa guerra sta ammazzando ogni giorno gli ucraini e allo stesso tempo sta distruggendo quel Paese e allo stesso tempo sta distruggendo la nostra economia. Le nostre vite diventano sempre più esposte alle drammatiche conseguenze della guerra. Una guerra che ci sta devastando. E qui non è come il Covid che quando è passato ci permette di pensare di poter ricominciare: questa guerra finirà per alimentare altre guerre fino a trascinarci in una guerra mondiale dove anche l’impossibile diventa più probabile, cioè lo scoppio di guerra atomica. Dunque la guerra non è stata capace di fermare la guerra, lo vediamo, e non ha nessuna possibilità di fermarla. Dicono che vogliono combattere contro Putin fino alla vittoria ma la vittoria non porterà la pace. La vittoria porterà un’escalation, ci può trascinare nella guerra mondiale, nell’abisso dell’apocalisse atomica. Abbiamo bisogno di trovare una via d’uscita da questa guerra ed è per questo che la marcia serve per chiedere alla politica di ritrovare se stessa e di riprendere nelle mani il nostri futuro, quello dell’Ucraina e del mondo”.

Essere pacifisti oggi non rischia di essere un piacere a Putin?
“In realtà quelli che stanno facendo il gioco di Putin sono i signori che continuano a proporre la guerra come unica soluzione. Putin ha scelto di fare il gioco della guerra e noi stiamo partecipando al suo gioco. L’unico modo per contrastare Putin è smettere di giocare al suo gioco. Dobbiamo fermare Putin attraverso l’unico strumento che può avere successo ovvero l’iniziativa della politica, il negoziato politico. Nessuna guerra ha mai fermato un’altra guerra. Tutte le guerre negli ultimi 20 anni che ci hanno visto coinvolti non si sono mai concluse, anzi hanno sempre generato altre guerre di cui non si vede la fine: Afghanistan, Iran, Siria, Libia, Yemen. Noi siamo andati in Somalia agli inizi degli anni ’90 con un’operazione che si chiamava “Restore hope”, per restituire speranza, e dopo 30 siamo ancora in guerra. L’unica speranza è quella degli affaristi delle armi e dei signori della guerra”.

Come mai assistiamo a questa violenta criminalizzazione dei pacifisti questa volta
“Noi abbiamo due problemi. Il primo è che quello che possiamo chiamare il partito della guerra chela vede come unica strada possibile per fermare Putin. Guerra come unica soluzione. Il secondo problema è il pensiero unico della guerra che oggi controlla tutti i principali mezzi di comunicazione e che non tollera opinioni difformi. Viviamo in un Paese democratico in cui però il diritto di parola e il confronto democratico su cui si basa la democrazia sono azzerati, con pochissime preziose eccezioni. Oggi siamo in questa drammatica condizione che indebolisce la nostra democrazia: soffocare le voci di chi propone altre soluzioni non è solo un grave danno inferto alla possibilità di ritornare in pace ma è un grave danno inferto alla democrazia”.

Ma come si può arrivare alla pace se Putin non tratta
”Non è vero che Putin non vuole trattare, lo ripete in occasioni sempre più frequenti. Certo vuole trattare da posizioni di forza ma noi abbiamo dalla nostra parte il diritto e la legalità internazionale che è il nostro faro e la nostra bussola. Noi abbiamo il nostro obiettivo di fermare la guerra perché sta facendo strage di vite umane, di risorse, di energia. Primo passo: fermare le armi, raggiungere un cessate il fuoco. Secondo obiettivo: riprendere il dialogo a tutto campo, su tutte le questioni aperte. Non c’è solo il problema del ritiro di Mosca dall’Ucraina, che è obiettivo necessario, c’è anche quello di ricostruire le condizioni della sicurezza e della stabilità in Europa e di conseguenza nel mondo. Possiamo avere l’opinione che vogliamo ma la Federazione Russa è una superpotenza quindi il negoziato deve essere su scala planetaria, coinvolgere tutti i paesi del mondo, il Consiglio Sicurezza dell’Onu, gli Usa ormai pienamente coinvolti (100 miliardi spesi da Biden per continuare a combattere, cifre immense). L’obiettivo non può essere negoziare solo quello che accade sul campo di battaglia, dobbiamo negoziare la ricostruzione delle condizioni su scala europea e planetaria. Possono sembrare obiettivi utopistici ma oggi tutto è profondamente interconnesso e non c’è possibilità di risolvere un problema se non risolviamo anche tutte le altre dimensioni. Qual è il primo problema Stiamo precipitando verso guerra mondiale e dobbiamo impedirla”.

Che giornata ti aspetti?
Spero che gli uomini e le donne siano tanti e che possano far vibrare questa domanda di pace che Papa Francesco ha cercato di alimentare, dandole una voce straordinaria. Spero che riusciamo a parlare anche a coloro che non hanno voluto sentire fino a d’ora. Spero che sia l’inizio di un cammino. Quello di domani è un punto di partenza, perché non basterà, servirà altro”.

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