A Nola l’appartamento confiscato al clan Russo è vuoto da anni perché al piano superiore ci abita la moglie di un boss, al piano dì sotto vive la figlia e, per usare un eufemismo, la situazione non è di quelle favorevoli al riutilizzo sociale del bene. A Castellammare di Stabia, in via Partoria, c’è una casa di circa 200 metri quadri confiscata al clan D’Alessandro. Ma ci abita ancora la moglie del capoclan della camorra, peraltro assegnataria del 50 per cento dell’immobile, parzialmente abusivo. Chi la sfratta? Nessuno. E il tempo passa. Sono solo due esempi tra decine e decine nel napoletano e nel casertano. Nel migliore dei casi, il bene si svaluta, va in rovina e diventa antieconomico per chi deve metterci le mani. Oppure resta nel sostanziale possesso di familiari o prestanome collusi. Nel peggiore, viene distrutto e vandalizzato dai clan che devono lanciare un segnale a chi di dovere. La confisca che si ferma al comunicato stampa e alla carta bollata.