Che succederebbe se domattina vi svegliaste e scopriste che la Presidenza del Consiglio, onde arginare il problema sociale da esso rappresentato, avesse deciso di legalizzare nientepopodimeno che il femminicidio?
Lo ha immaginato Giulio Cavalli nel suo ultimo romanzo uscito l’anno scorso e intitolato “I Mangiafemmine”.
La storia, una distopia ambientata in un Paese senza nome ma dagli inconfodibili cliché socio-culturali, è attuale a livelli inquietanti.
Si svolge in piena campagna elettorale dove un Ministro ambisce a vincere, nel frattempo i femminicidi si susseguono, le femministe urlano furenti e le domande della gente (in primis dei giornalisti) si fanno sempre più pressanti: che intenderà fare il nuovo governo? Perché non affronta di petto la questione dei femminicidi? Perché sembra eludere il problema tramite benaltrismo e svicolamenti vari?
Il Ministro se ne infischia delle donne, vive o uccise che siano, vuole solo vincere le elezioni. Ripiega quindi sulla retorica populista, su recriminazioni maschiliste e risposte sarcastiche e sessiste.
Poi, inaspettatamente per l’elettorato, viene eletta una donna, una donna di destra, palesemente manipolabile, ignorante e inadatta al ruolo che ricopre. La Presidente annuncia di voler legalizzare il femminicidio equiparandolo ad attività venatoria e pulizia di genere: una donna vuole lasciare il marito? Va eliminata in quanto storta. Una donna è vecchia e pesa sui figli? Va eliminata in quanto scarto. Un’amante rischia di rappresentare un pericolo per l’uomo sposato con cui ha una relazione? La si elimina per salvare il sacro vincolo del matrimonio di lui.
La legge è lacunosa al punto giusto, caratteristica analoga anche nel nostro, di Paese. Si stabilisce un metodo di eliminazione-esecuzione: quello usato per abbattere gli ovini. Inoltre si stila un elenco approssimativo per appianare un tragico gap: visto che nel Paese le donne sono in numero maggiore (e noi non siamo sessisti) eliminiamo il surplus tramite pratiche venatorie! Come si andasse a caccia, così i femminicidi si ridurranno di conseguenza. Sì sa, dopotutto, che gli uomini sono geneticamente più propensi alla caccia, no? Bisogna pur conviverci! Una volta finito di leggerlo, il libro lascia un gran senso di inquietudine e molte questioni. Probabilmente il femminicidio non verrà mai legalizzato e infiocchettato come soluzione al sessismo sistemico – la Storia comunque insegna che le possibilità lunari possono realizzarsi se affiancate dalle opportune condizioni – ma è anche vero che possedere zero tutele, o peggio, delle leggi non applicate, oltre ad approssimazioni giudiziarie, non è tanto distante nei risultati finali.
Forse leggerlo in anticipo potrebbe smuovere la coscienza collettiva. Anche riguardo chi ci governa e sostiene di lavorare nei nostri interessi che, ribadiamolo, dovrebbero innanzitutto voler prevenire la violenza maschile contro le donne.
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