Quando ti guardi indietro ma proprio di un poco quasi di un niente. Sta finendo la prima stagione del Teatro Nebiolo. E pensare che era iniziata così il 28 ottobre 2007: con un pezzo che mi porto volentieri in tasca. L’avevamo scritto io e Francesco Lanza, come al Teatro Parenti sulla coda delle stagioni.
Sammy Church Uanciùfrì
Sammy Church Uanciùfrì al paese lo chiamavano tutti “l’americano”: Sammy Church Uanciùfrì. Lo chiamavano l’americano perché come diceva Brooklyn lui, giù al bar non ci riusciva nessuno. Come diceva lui brooklin con tutto quell’attorcigliamento di lingua, quella faccia tanto americana e tutto quello sputacchiamento…. (continua) Era partito al mercoledì, dalla stazione di fianco all’edicola, con la valigia di cartone, come nei telefilms tanto americani, e con tutti noi i suoi migliori amici a guardarlo incastrarsi tra sedili del treno con la valigia di cartone: Sammy Church Uanciùfrì. Partiva con quella faccia poco convinta e la sua valigia di cartone pronto che andava in America, perché Sammy Chirch Uanciùfrì aveva cominciato la sua carriera leggendo Brooklyn sul pacchetto delle cicche, che come lo diceva lui ti lasciava incantato, e adesso voleva fare l’attore.
– E per fare l’attore non ce n’è come andare in america – diceva sempre – che qui in paese mi manca il mio pubblico.
– Sarà che in fondo a Sammy Church Uanciùfrì noi ci avevamo sempre voluto bene, e che in fondo come diceva il Sergio ci aveva anche una bella sfiga santa ad essere nato mezza tacca di attore qui da noi che tutto il suo pubblico invece era in America, sarà che Sammy Church Uanciùfrì diceva Brooklyn come non lo diceva nessuno, e così tutti per non farlo partire ci avevamo anche organizzato una serata tutta per lui, giù alla cascina di fianco alla via Emilia, una serata di quelle di teatro quello serio per non fargli sentire la mancanza dell’america e tenerlo qui con noi. Che nella serata ci avevamo anche organizzato tutto per benino, con un mezzo palco tarocco che ce l’aveva costruito il Mimmo nel tempo di una bottiglia e mezzo di Pinot, che Mimmo era il meccanico del paese, Mimmo aggiustava le bici, poi con i pezzi che gli avanzavano ogni volta con i pezzi che gli avanzavano dalle bici aggiusta le lavatrici, e poi con quelli della lavatrice le macchine, e con quelli delle macchine riesce a costruirci i ferri da stiro e così via (perché dice che ormai l’ingegneria meccanica è tutto un magna magna che ci sono rivetti bulloni e pezzi vari in più che sta in piedi tutto lo stesso anche senza…); insomma Mimmo ci aveva fatto questo palco tutto mezzo di pezzi di lavatrice e bicicletta che l’aveva fatto tutto lui perché così magari Sammy Church Uanciùfrì si convinceva di non andarci all’america a fare l’attore. L’Armandino ci aveva fatto invece l’illuminazione quella seria, che diceva che ci voleva una di quelle illuminazioni delle cose di teatro quello serio, di quelle che ti lasciano i puntini negli occhi per una settimana: e allora due notti prima aveva martellato due lampioni della via Emilia e li aveva girati al contrario sopra il palco fatto di mezza bici e mezza lavatrice. Il vigile del paese, che lo chiamavano lo sceriffo perché era una persona mite, il vigile del paese aveva detto che girare i lampioni non era una cosa tanto regolare e ci aveva avuto una litigata con l’Armandino che solo a ricordarla ti vengono i brividi. Alla fine avevano trovato l’accordo: sui manifesti dello spettacolo di Sammy Church Uanciùfrì ci avevano messo sotto un notabene: PER MOTIVI DI SICUREZZA SI CONSIGLIA DI FARE IL GIRO INTERNO E DI NON ARRIVARE DALLA VIA EMILIA. Insomma che ci eravamo impegnati tutti perché la serata venisse fuori bene e Sammy Church Uanciùfrì si convincesse davvero di non partire. Io avevo incollato dappertutto i manifesti fatti su carta di prosciutto che ce li aveva regalati la mamma di Giovannone, che aveva il negozio di prosciutto che sapeva di manifesto. Lo spettacolo era anche andato benino, che me lo ricordo bene, che Sammy Church Uanciùfrì aveva voluto esagerare e aveva recitato Brooklyn e poi in americano anche tutti gli ingredienti: peppermint, azucar, yarabic, declogoylyx, acidlipsilon, xailitoul, sciugar, sirùp of glucolix, fud acid (cotric, pitric, mali, vitric, pitril, aspil, vetril ) concentreadet friut purè, fresh fruit uan ciù frì per cent, e aveva chiuso che sembrava Gasmann con tutta quella barba con il colorante: E 512 che l’aveva pronunciato E 512 come solo lui lo sapeva farlo. Un trionfo. Ma Sammy Church Uanciùfrì era sceso dal mezzo palco e l’aveva ridetto che per fare l’attore non ce n’è come andare in america – diceva sempre – che qui in paese mi manca il mio pubblico. E l’Armandino aveva dovuto rigirare i lampioni, il Mimmo rismontare quel pezzo di palco che l’ha riusato per farci una lavastoviglie e Sammy Church Uanciùfrì era partito. Era partito al mercoledì, dalla stazione di fianco all’edicola, con la valigia di cartone, come nei telefilms tanto americani, e con tutti noi i suoi migliori amici a guardarlo incastrarsi tra sedili del treno con la valigia di cartone: Sammy Church Uanciùfrì. Partiva con quella faccia poco convinta e la sua valigia di cartone pronto che andava in America, perché Sammy Chirch Uanciùfrì aveva cominciato la sua carriera leggendo Brooklyn sul pacchetto delle cicche, che come lo sapeva fare lui ti lasciava incantato, e adesso voleva fare l’attore. E un po’ a me, l’Alfio, il Gigio, il Buse e il Bus ci era scesa la tristezza che Sammy Chirch Uanciùfrì era partito con il biglietto del treno Tavazzano – Nuova York solo ritorno. Che il Gigio aveva anche fatto polemica su come ciufolo faceva ad arrivarci quel treno da Tavazzano fino a Nuova york linea diretta con le rotaie sopra al mare. Ed era scesa una tristezza rossa come il rosso triste del bitter campari. E al bar per ogni giro di tristezza si offriva due giri di campari. Che adesso che è partito posso anche scriverlo nella storia che Sammy Church Uanciùfrì si chiamava Samuele e suo papà di cognome Chiesa, anche se si faceva chiamare Sammy Church tradotto all’americana, e uan ciùfrì ce li aveva aggiunti lui che erano le prime tre dell’alfabeto americano. E quello era il suo nome d’arte. E con il suo nome d’arte era partito per l’America a fare l’attore. Dopo un mese e mezzo arriva al bar una cartolina da Nuova York, americana con un francobollo della statua della libertà, che il postino ce l’aveva portata con le lacrime agli occhi che diceva che il suo è proprio un bel lavoro che gli fa conoscere il mondo che è come un po’ essere lì e poi si era fatto fotografare di fianco al francobollo. Per chi leggeva la lettera ad alta voce giù al bar venne fatto all’estrazione come la tombola e uscì Balòs, che però non sapeva leggere. Allora alla seconda estrazione uscì il parlamentare del paese in pensione, che però di disse che lui non voleva saperne di esteri, che tutta la vita aveva avuto i suoi problemi povera stella con gli interni. Allora Armandino la prese e disse fanculo all’estrazione la leggo io – disse – la leggo io la lettera di Sammy Church Uanciùfrì l’americano che è andato in america con la valigia di cartone, è andato in america a fare l’attore: e sopra alla cartolina c’era scritto che salutava tutti e che stava bene, e che finalmente era lì in america dove c’era il suo pubblico, che adesso gli mancava solo di andare a trovarlo, e che in america il teatro andava proprio come doveva andare, che era teatro democratico sul serio: che bastava che ti cercavi un lavoro appena appena serio senza perderti in studiare di teatro che alla fine di cinquantarla finivi che il teatro te lo costruivi tu cin tutti i pezzi quelli veri, ci facevi dentro quello che vuoi che tanto è tuo e se proprio c’era bisogno di noleggiavi anche un pezzo di pubblico. che lì in america non era mica come al paese, che lì in america c’era la cultura del commercio e insieme il commercio della cultura. E che lui aveva trovato gìà subito un posto da cameriere 8 dollari all’ora. Che era sulla strada di diventare una stella.
E lì era scesa una tristezza e malinconia, a dirla tutta si era alzata una tristezza che sembrava una nebbia giù al bar con Armandino che leggeva. Che non sembrava nemmeno di essere più allo stesso paese senza Sammy Church Uanciùfrì l’americano che è andato in america con la valigia di cartone. Che nessuno nemmeno se la sentiva di rispondere a Sammy Church Uanciùfrì l’americano, che cavalcava la strada del successo in uessei con il vassoio del campari doppio cheese. E con tutta quella tristezza il paese non era più lui: via cascinetta era diventata via cascinicola, via 4 novembre si era accorciata ad una via dei primi di marzo, le striscie pedonali sulla via emilia erano scolorite come sulla televisione in bianco e nero e anche il sillaro d’estate non aveva più il suo colore tipico di coca e rhum. E il paese non sembrava proprio più lo stesso. E ogni mese arrivava il postino con la cartolina di Sammy Church uàn ciùfrì e gli occhi commossi per il francobollo e non si sapeva come uscirne da tutto questo grigio.
Ricordo bene che fu l’Armandino, fu proprio l’Armandino a dire che per salvarsi e tornare al technicolor toccava farci un teatro con i pezzi di teatro e tutte le cose in regola. Che c’era da farlo giù al Nebiolo e farci una sorpresa a Sammy Church uan ciùfrì. Che quando fu finito tutto bello in piedi tutto dritto un po’ in pendenza verso destra era tutto il paese era ancora un brillare di occhi e il postino a correre a farsi fare subito di fianco la fotografia.
Che si era lì pronti a scriverlo sulla cartolina per nuova york quando arrivò l’ultima lettera di Sammy Church. Che diceva:
From Sammy Church to Tavanazzo, Emily root, Italia, Yuròpa, Yùniverss, Agàna Uèi.
Cari amici di Italy, qui le cose vanno very gùd, che come vedete manco mi ricordo più come cazzo si scrive tavanazzo, okkèy. Abito sulla sesta èveniu, che si incrocia con la quindicesima strìt, che cappotta sulla root sixti six e si immette sulla highway Agàna Uèi.
Chiedo sorry se faccio qualche errore mentre scrive questa lettera, o se ci mischio un po’ di slànguo, ma oramai il Sammy è una Star, che ce lo vedo già Little Armando che si chiede se ora guido i pullman. Don’t uorri, Little Armando! Qui negli United Staz of iùessèi, le Star sono tipo Gretha Gherbio, Robbert De Nàiro, e come vedete si chiamano tutti con nomi che con l’italiano di voi contadini non c’entrano un caz of nothing. Spero che vi sono arrivate le mie lettere precedevoli, perché qui nello Iùessèi le Poste funzionano, mica come da voi che infatti le vostre risposte non mi arrivano mai. Finisce che quando mi arriva la risposta alla prima lettera, sono già nella Hall of Fame. Che qui ce la vedo Giovannone, che qui nell’America of United Staz sarebbe Big Giovanni, che si chiede se la Hall of Fame è qualcosa dove si mangia. Si legge Fèim, non “fame”, ed è quella che qui negli Stati uniti of Iùessèi, te la puoi costruire: la famosità, che è quanto sei famoso, agàna uèi. E quando sei famoso, la fame quella che si legge come si scrive, quella te la dimentichi.
Sammy Church vi scrive, oggi, per fare il Bulletin, che fermatelo subito il vigile pòlisman e ditegli che “bulletin” vuol dire notiziario, non che vado in giro a bucare le ruote delle bàisicol, oh yè. Sammy Curch ha partecipato a un miùsicol di Broddoway. La storia di un semplice boy che guarda l’America e fa il panettiere e diventa quasi quasi presidente degli United Staz, qui in provincia di Iùessèi. Una storia che assomiglia un po’ a Sammy Church. Che poi sono sempre io, ma qui in slanguo americano si usa spesso parlare di te come se non ti conoscessi. Perché è volgare e contadino, e allora parli di te come se è un altro. Agàna Uèi.
Vi mando l’articolo di giornale dove hanno sbagliato a fare la foto e scrivere il nome. Hanno scritto Samuel Charles, e il parapazzo ha fatto la foto agli attori mentre ero nel camerino a firmare gli autografi. Poi vi mando una mia foto con il vestito elegante e con un atografo anche per voi, con la dedica “Ai miei friends di Tavanazzo, Italy, with Love” e poi la firma con lo svolazzo. Che qui negli Iuessèi of America se non firmi con lo svolazzo non sei un cazzo di nobody di nessuno. Ah, e poi with Love vuol dire “con amicizia”, che qui è tutto più grande e più alto, e più big, e quindi anche l’amicizia la chiamano Love. Che se l’amicizia la chiamano amore, capite, che le girls qui basta che gli sei amico e ti fanno cose che lì neanche te le immagini. Infatti oltre ai successi a Broddoway, Sammy Curch, che sono sempre io che parlo di me, ha una donna diversa evri nàit. Non come la Ginevra, che lì alla centrale dell’Enels c’era sempre solo lei e si doveva fare i turni. No, qui di centrali dell’Enails, è come se ce ne sono mille, aghèin and aghèin, all nàit long, agàna uèi.
Ah poi i teatri, qui, non sono mica come quelli che costruite lì a Tavanazzo. Qui i teatri sono fatti di pezzi di teatro, non di biciclette. E le luci fanno più luce di tutti i lampioni della Emily root messi insieme evribbàdi. E quando Sammy Church esce in scena, gli mettono addosso talmente tanto cerone in faccia che i fanali potrebbero anche scioperare che tanto la luce ci sarebbe lo stesso. E il pubblico applaudisce se gli piace così così, ci mette anche i fischi se proprio gli piace un fracco, che lì da voi i fischi li tirate dietro solo alla cameriera del Bar, mentre se non gli piace fa “buuuu”, che da voi invece lo usate solo se volete spaventare il vigile pòlisman quando sbuca dall’angolo in bicycle. Qui sì che sanno come usare anche i “buuu”, gli applausi i fischi e tutti i pezzi di teatro che servono per costruirci le cose teatrali.
Tra poco tempo sono sicuro che avrò i money per comperare dei pezzi di palco, pezzi di camerino, pezzi di fanali e costruirci un teatro tutto mio. Che vorrà dire che sono arrivato, il sogno del dream americano, la grande occasione, che qui la chiamano anche la Grande Mela. Per quella storia della mela che fa bene, no? Che ti toglie il doctor di torno. Ecco, qui ti togli di torno proprio tutte le cose che vanno male. E poi se mi avanzano dei big money, vi compero il biglietto del diretto Tavanazzo-New York, e mi venite a vedere che signore che sono diventato, con la casa sulla sesta èveniu, e vi ci porto a Broddoway, evribbàdi tutti insieme. Aggàna Uèi.
Ora vi saluto, devo andare a fare le prove del vestito per il miùsicol di stasera. Kiss a tutti quanti all tughèder. Qui sto bene, e mi sto costruendo la vita con pezzi di vita vera. Mica come prima che Sammy Church era un soprannome. Qui negli Stati Uniti, frazione di Iuessèi, Sammy Church è il mio nome vero.
Good bài Tavanazzo!
Sammy Church
Armandino chiuse la lettera con la faccia come se la carogna gli stava montando da una settimana con la rincorsa. E c’era un silenzio giù sui bicchieri di campari che sembrava che era venuto a braccetto con la carogna. E l’Armandino disse – fanculo all’estrazione e fanculo anche all’americano e la sua cingomma – e il silenzio si faceva con il bianco due in tre. E che – se il teatro ormai ce l’abbiamo fatto adesso lo usiamo all’iuessei – che lo usiamo noi e che Cingomma vùn dùtrì è meglio che che se ne sta lì in america, e poi giù una saracca di pensieri che se li dico si alza e il prete e mi chiude il sipario. Il direttore artistico venne fatto il postino, che con tutto quel giro di francobolli aveva fatto dieci volte il giro del mondo. A Sammy Church venne cestinato anche il bicchiere suo personale del bitter che c’era dentro il frigo. E al Nebiolo si faceva teatro che era una bellezza con addirittura la luce sulla via Emilia che ci si può arrivare anche facendo il giro da fuori.
A Sammy Church uanciùfrì l’americano la cartolina gliel’ho spedita io. Dietro una mia foto del semaforo sulla via emilia che sotto c’era scritto “benvenuti a tavazzano” e di fianco il conto corrente della polizia municipale. Sopra ci ho scritto
Hello Sammy,
l’ho scritto all’americana così si capisce meglio. Sono felice di comunicarti che ora abbiamo un teatro vero, qui a Tavazzano, fatto coi pezzi di un teatro vero, con i fanali veri e tutto quanto. Abbiamo anche studiato le cose che servono per chiedere a una stella come te se vuole portare qui il suo musical di Broddoway: la scheda tecnica, qualche foto, e la sinossi – pensa che io una volta credevo che fosse una malattia del naso, e invece è una cosa che serve. La sottoporremo al direttore artistico, che è il postino. Vedrai che il tuo pubblico, se sei una stars, ti seguirà anche qui.
Cordiali saluti
P.s.: insieme agli spettacoli, cerchiamo anche, per il bar del teatro, un ragazzo. Magari se conosci qualcuno che non è riuscito a diventare una stella come te, portalo qui.
Qualche settimana dopo il postino portò una lettera, con il francobollo della libertà, e con i colori che hanno le buste quando viaggiano da tanti chilometri. C’era dentro il curriculum di un certo Samuele Chiesa, per il posto da barista al teatro. Ma non volevo che in paese si spegnesse la leggenda di Sammy Church che è partito per l’america con una valigia di cartone e che è diventato una Stella. Ho girato il foglio, l’ho regalato ad Armandino, che non sa leggere, e che se l’è fumato in riva al Sillaro con un Coca e Rhum.
Se sei in sala, Sammy Church, stasera, non vergognarti come i granelli di zucchero su un bicchiere finito di aperol: c’è libera una domenica a Marzo, per il tuo musical.