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Le spese militari aumentano, quelle per la Cooperazione internazionale no

Quanto gli Stati del mondo credano nella cooperazione in un mondo affollato dalle guerre lo dicono i numeri: mentre l’instabilità internazionale cresce e si sprecano promesse di aiuti umanitari la cooperazione internazionale ristagna indifferente. È quanto emerge dai dati preliminari rilasciati dall’Ocse.

Oltre all’Italia che ha registrato un peggioramento piuttosto marcato (l’aiuto pubblico alla sviluppo globale si è ridotto del 15,5%) i paesi Ocse Dac mostrano nei numeri un evidente rallentamento. 

I numeri della Cooperazione internazionale

Come analizza Openpolis generalmente l’aiuto pubblico allo sviluppo (Aps) è rimasto inalterato rispetto al 2022. Nonostante un trascurabile aumento in termini assoluti (+1,8%), in rapporto al reddito nazionale lordo (Rnl) non ha subito alcuna variazione, rimanendo fermo allo 0,37%.

Una percentuale ancora lontana dall’obiettivo dello 0,70% stabilito dall’Agenda Onu per il 2030. I costi per rifugiati nei paesi donatori, la principale voce del cosiddetto aiuto gonfiato, sono invece diminuiti del 6,2%, rimanendo tuttavia una componente molto significativa dell’Aps totale (13,8%).

Il rapporto tra Aps e Rnl attualmente allo 0,37% dovrà  raddoppiare per raggiungere l’obiettivo, stabilito dall’agenda per lo sviluppo sostenibile delle Nazioni unite, dello 0,70% entro il 2030. A oggi solo 5 Paesi hanno superato la soglia (Norvegia, Lussemburgo, Svezia, Germania e Danimarca) su 31.

Nella classifica l’Italia mantiene quest’anno il 21esimo posto, davanti agli Usa che registrano un bassissimo 0,24% di aiuto pubblico allo sviluppo rispetto al Rnl. 

I dai dati preliminari Ocse relativi al 2023

In 17 paesi, Italia inclusa, l’Aps è diminuito. Questo è stato evidente – spiega Openpolis -, in particolare, in alcuni paesi dell’Europa centro-orientale. In Estonia, Polonia e Repubblica Ceca il calo è stato pari a oltre un terzo (superando, in Estonia, il 50%).

In questi paesi è stato forte il calo delle risorse destinate alla voce di spesa “rifugiati nel paese donatore”, strettamente legato, a est del continente, all’assistenza di persone fuggite dalla guerra in Ucraina.

Parallelamente l’aiuto bilaterale nei confronti dell’Ucraina, incluso l’aiuto umanitario, non è affatto diminuito. Tra il 2022 e 2023 è aumentato del 9% in termini reali, sfiorando i 20 miliardi di dollari (quasi il 60% dei quali donati dagli Stati Uniti). Nel 2023 l’aiuto bilaterale destinato all’Ucraina rappresentava il 9% di tutto l’Aps dei paesi Ocse Dac (mentre nel 2022 era stato dell’8,3%).

In Canada e Lituania la quota ha superato il 20%. A questo importo vanno poi aggiunti altri 20,5 miliardi di dollari delle istituzioni europee, erogati principalmente in forma di prestiti concessionali destinati al sostegno della stabilità finanziaria del paese. Nell’ambito delle risorse europee invece l’aiuto umanitario si è limitato a 443 milioni di dollari.

La dinamica degli aiuti bilaterali nei Paesi Ocse Dac

Complessivamente nei paesi Ocse Dac a diminuire è stato l’aiuto bilaterale (da paese donatore a paese ricevente), passato da 14,45 a 13,51 miliardi di dollari a prezzi costanti (-6,5%). Mentre è aumentato leggermente quello multilaterale, ovvero destinato a organizzazioni specializzate in cooperazione,  che ha registrato un +4,8%, passando da meno di 50 a oltre 52 miliardi.

Nel bilancio dell’aiuto bilaterale ci sono i famosi “costi per i rifugiati nel paese donatore, che molte organizzazioni considerano un aiuto “gonfiato” che di fatto non contribuisce al bilancio di nessun paese in via di sviluppo. Tra i paesi con le quote più elevate di aiuto gonfiato figurano diversi stati dell’Europa orientale, in particolare Repubblica Ceca (prima, con il 52,7%), Estonia e Polonia, che pure come abbiamo visto hanno registrato un calo dell’aiuto per i rifugiati rispetto al 2022. Ma anche Irlanda (52,3%) e Svizzera (28,3%). L’Italia è al settimo posto, con il 26,8%.

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