La Turchia consente attraverso le sue frontiere la vendita all’Isis di fertilizzante che può essere utilizzato per realizzare esplosivi. A sostenerlo è il New York Times con un’inchiesta dalla città di Akcakale, al confine con la Siria.
Secondo il quotidiano, in queste settimane decine di camion carichi di nitrato di ammonio, un composto chimico che può essere impiegato sia come fertilizzante che per la costruzione di bombe, hanno attraversato la frontiera per consegnare il materiale nella cittadina siriana di Tal Abyad, che si trova sotto il controllo dell’Isis da quasi un anno. Le autorità locali sostengono che è tollerato solo il commercio di fertilizzante a basso contenuto di nitrato, che avrebbe minori capacità esplosive.
Ad Akcakale, tuttavia, sono in pochi a credere che il fertilizzante serva davvero per aiutare i contadini siriani. “Non è per l’agricoltura, è per le bombe”, dichiara Mehmet Ayhan, politico dell’opposizione candidato al Parlamento. Ayhan non si oppone a questo tipo di commercio, dal momento in cui crea posti di lavoro in una città impoverita. “Fino a quando i turchi possono trarne dei benefici, è un fatto positivo”.
Nelle ultime settimane la Turchia ha rafforzato i controlli alle sue frontiere per evitare il passaggio in Siria dei cosiddetti foreign fighters, ma il commercio di beni verso zone controllate dallo Stato islamico continua a essere tollerato. Ma un conto è quando si parla di drink energizzanti, un altro quando si tratta di un fertilizzante usato per realizzare potenti esplosivi. E su questo c’è poco da dire: l’aperto trasporto di nitrato di ammonio nei territori gestiti dall’Isis pone dubbi persistenti sul reale impegno della Turchia a isolare i jihadisti suoi vicini.
Secondo John Goodpaster, un perito chimico consultato dal Nyt, con 90 kg di nitrato di ammonio è possibile equipaggiare un’autobomba, mentre con 9 kg si potrebbe condurre un attacco kamikaze. Nei soli camion rintracciati ne sarebbero state contenute 25 tonnellate. Il nitrato di ammonio è stato utilizzato per compiere diversi attentati, tra cui quello al consolato britannico di Istanbul che nel novembre 2003 causò 27 morti.
Rapporto Amnesty: “Ad Aleppo atrocità indicibili”
Oltre alle vessazioni dello Stato islamico, la popolazione siriana è sottoposta ad “atrocità indicibili” da parte del regime di Bashar al Assad e delle frange più violente delle forze di opposizione. Soprattutto ad Aleppo, dove le forze del regime siriano continuano a commettere “crimini contro l’umanità” bombardando in modo cieco e indiscriminato la città. La denuncia arriva da Amnesty International che non risparmia neppure le forze ribelli, responsabili di “crimini di guerra”.
Nel suo ultimo rapporto l’ong afferma che i raid ininterrotti dell’aviazione siriana contro l’ex capitale economica del paese costringono gli abitanti “a condurre un’esistenza sotterranea”.
Amnesty condanna “gli atroci crimini di guerra e le altre violenze compiute quotidianamente nella città dalle forze governative e dai gruppi di opposizione”. “Alcune azioni del governo ad Aleppo equivalgono a crimini contro l’umanità”, afferma Amnesty.
Il rapporto critica soprattutto il ricorso ai bombardamenti aerei con i cosiddetti barili bomba, un’arma particolarmente devastante e che uccide in modo indiscriminato. “Prendendo di mira in modo deliberato e ininterrotto i civili, il governo sembra aver adottato una politica di punizione collettiva contro la popolazione civile ad Aleppo”, afferma il direttore della sezione Medioriente di Amnesty, Philip Luther. Il presidente Bashar al Assad ha sempre negato il ricorso a queste armi che, secondo Amnesty, “provocano un terrore puro e sofferenze inimmaginabili”.
Ma l’ong critica anche i gruppi ribelli ad Aleppo, una città divisa dal 2012 tra la zona orientale in mano agli insorti e quella occidentale controllata dal regime. Il rapporto assicura che i ribelli hanno commesso “crimini di guerra” utilizzando “armi imprecise come i mortai o razzi artigianali fabbricati con bombole del gas e soprannominati ‘cannoni dell’inferno’”. Questi proiettili, sparati regolarmente dai ribelli contro la parte occidentale della città, hanno causato la morte di almeno 600 civili nel 2014. L’anno scorso i barili bomba hanno ucciso invece almeno 3.000 civili nella provincia di Aleppo. Il rapporto fa riferimento anche al ricorso alla “tortura su vasta scala, detenzioni arbitrarie e sequestri, compiuti tanto dall’esercito che dai gruppi di opposizione armati”.
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