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L’incrocio tra potere e affari, un vizietto per mezzo governo

La famiglia della fidanzata del ministro alle Infrastrutture e ai Trasporti Matteo Salvini è composta da lobbisti che si occupano anche di infrastrutture. Al di là degli esiti giudiziari si può dire senza dubbio di smentita che l’ex parlamentare Denis Verdini e suo figlio Tommaso fossero interessati (lecitamente o meno lo deciderà un giudice) alla ricca torta di appalti e di consulenze dell’Anas, società che gestisce la rete di strade statali e autostrade di interesse nazionale. In una democrazia evoluta, la vicinanza quasi famigliare tra attività di lobby e ministero sarebbe considerata inopportuna. In Italia però il conflitto di interessi è un concetto tramortito dalle cannonate in epoca berlusconiana ed è ormai considerato un vezzo da puristi e intellettuali.

Conflitti di interessi, così solo in Italia

Dicono i bene informati che la premier Giorgia Meloni non abbia nascosto la sua irritazione per un’indagine che sfiora la sua squadra di governo. E c’è da crederci. A Palazzo Chigi fin dai giorni dell’insediamento di questo governo la Presidente del Consiglio e i ministri sono terrorizzati dalla magistratura vista come unica pericolosa opposizione. Un nervosismo già mostrato al sorgere del caso Santanchè, la ministra coinvolta in un’indagine per bancarotta e falso in bilancio con una delle sue società, Visibilia.

Daniela Santanchè tra le altre cose è un’imprenditrice attiva nel campo del turismo. “Questo governo vuole difendere 30mila aziende balneari, non le abbandoneremo”, diceva proprio la Santanché lo scorso primo aprile. Non scherzava, seppure abbia omesso di dire che tra questi c’è pure il Twiga dell’amico Flavio Briatore, di cui è stata socia. Nella domanda di ristrutturazione del debito per salvare dal fallimento Visibilia, Santanchè sostiene che l’impegno sarà “soddisfatto” anche grazie alle “disponibilità” che “deriveranno” da una percentuale sugli incassi del locale. Locale di cui la Santanchè stessa ha ceduto le quote al suo compagno Dimitri Kunz d’Asburgo Lorena e a Briatore, chiudendo così, a modo suo, il conflitto di interessi esistente.

Ancora. A fine ottobre l’Antitrust, dopo le segnalazioni trasmessa dal ministro della Cultura, Gennaro Sangiuliano, sulle possibili incompatibilità delle attività, per lo più di conferenziere, di Vittorio Sgarbi con il suo ruolo nel governo, ha avviato un procedimento nei confronti del sottosegretario alla Cultura per possibili condotte illecite in violazione di quanto previsto dalla legge in materia di attività incompatibili con la titolarità di una carica di governo.

Tengono famiglia

E ancora. Il ministro alla Difesa, Guido Crosetto, dopo la nomina ha rinunciato alla carica nell’AIAD, una importante associazione di Confindustria che raccoglie quasi 200 aziende, molte delle quali strategiche nella produzione di sistemi satellitari e armi, e alla presidenza di Orizzonte sistemi navali. Qualcuno si chiede se sia sufficiente una dismissione formale per levare ombre su un possibile conflitto di interessi. Il ministro ha risposto per sé stesso dicendo di sì. Ma il dubbio che le cose non stiano così inevitabilmente rimane, e per questo quanto accade alla luce del sole in Italia farebbe indignare in molti Paesi esteri. Dunque, al di là delle inchieste giudiziarie, la Meloni dovrebbe interrogarsi sulle sue scelte: la composizione della suo governo trasuda rischio di conflitti di interesse da tutti i pori. Siamo già oltre ai “Fratelli d’Italia”, siamo sulla soglia di una grande famiglia.

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