L’unico fremito lo danno i cronisti estasiati. La conferenza stampa della presidente del Consiglio che arriva dopo enne rinvii per motivi diversi è l’occasione per ricordarci in questo inizio dell’anno che l’erede della destra postfascista Giorgia Meloni l’hanno normalizzata soprattutto i giornali progressisti. Lenzuolate sui quotidiani in cui giornalisti che vanno di fioretto ci dicono di Meloni le tonalità dell’abbigliamento, lo slang romanesco e la postura per la minzione che non si riesce a trattenere.
La vera pena non è Giorgia Meloni che riesce a fare affermazioni sbagliate sulla crescita dell’Italia in Europa ben al di sotto del Def firmato dal suo governo, non è nemmeno Giorgia Meloni che non parla dell’ennesimo regalo ai balneari prendendo tutti per il naso, vantandosi di avere fatto per prima “la mappature delle coste”: la vera pena è leggere questa mattina i giornali che trovano normale che una leader di partito scarichi la classe dirigente che lei stessa ha scelto senza pagare pegno. La vera pena è sentire Meloni dirci che è “stufa” delle accuse di familismo senza comprendere che dovrebbe rispondere nel merito poiché il suo stato d’animo non è un “fatto politico”, come ama ripetere.
“In pochi ci avrebbero scommesso, ma tutto fila via liscio, in modo sereno, dopo 40 domande, in un clima a tratti persino noioso”, scrive un quotidiano nobile dell’editoria presunta progressista italiana. Noi invece ci avremmo scommesso che non è ancora maturo il momento in cui i giornali che descrivono Meloni illuminata in un circolo di irresponsabili decidano che “basta così”. Arriverà quel momento – prima di quanto si pensi – e quegli stessi editorialisti si stupiranno di chi come loro non se n’era accorto in tempo.
Buon venerdì.