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L’Italia non ha mantenuto mezza promessa sui finanziamenti fossili

Tra i Paesi del G20 l’Italia è ancora il 5° maggior finanziatore di gas e petrolio, subito dietro la Cina. Tra il 2020 e il 2022, in media, ha sborsato 2,5 miliardi di dollari l’anno per sostenere progetti all’estero. Peggio di Roma sui finanziamenti alle fossili fanno solo Canada (10,9 mld), Corea (9,9 mld), Giappone (6,9 mld) e Cina (4 mld). Il nostro Paese è più generoso con le fossili degli Stati Uniti, che si fermano a 2,2 mld, e di un paese europeo anch’esso con forte dipendenza dal gas come la Germania (2 mld). Lo calcola un rapporto di Oil Change International e Friends of the Earth, pubblicato oggi e realizzato in collaborazione con altre 23 associazioni tra cui l’italiana Recommon.

L’Italia tra il 2020 e il 2022, in media, ha sborsato 2,5 miliardi di dollari l’anno per sostenere progetti fossili all’estero

Il rapporto sottolinea come la tendenza nel mondo sembra andare nella giusta direzione con un evidente calo. Tra il 2017 e il 2019 le prime 20 economie mondiali e le banche multilaterali da esse finanziate hanno elargito in media 68 miliardi di dollari l’anno. Nei tre anni fra il 2020 e il 2022 questa cifra è scesa del 30% arrivando a 47 mld di dollari. Ma gli estensori del rapporto sottolineano come “tuttavia, questi progressi potrebbe essere minacciati se Stati Uniti, Germania, Italia e Giappone continuano a non mantenere le loro promesse finanziando i combustibili fossili”. 

Stracciati gli impegni presi sui finanziamenti fossili dall’Italia alla Cop28 di Dubai e alla Cop26

Secondo gli accordi presi nelle sedi internazionali e secondo la rotta tracciata dall’Agenzia internazionale dell’energia (IEA) il 2021 avrebbe dovuto essere l’anno in non avrebbe dovuto essere finanziato e messo in funzione nessun nuovo progetto fossile. Non è andata così. iIpaesi del G20 hanno elargito ogni anno, tra 2020 e 2022, qualcosa come 846 mld di dollari a gas, carbone e petrolio. I paesi del Nord Globale nel triennio 2020-22 hanno investito 58 volte più risorse nelle fossili che nel fondo Loss and Damage, il principale veicolo per evitare che il cambiamento climatico affossi i paesi più fragili. Su questo fondo i paesi del G7 hanno sborsato appena 414 milioni di dollari. Secondo l’agenzia ONU per il cambiamento climatico, servirebbero almeno 2.400 mld di dollari l’anno entro il 2030. Le promesse dell’Italia fatte all’ultimo Cop28 di Dubai insieme a Canada, Giappone, Germania, Stati Uniti, Francia e Gran Bretagna per ora non hanno avuto seguito. 

Traditi anche gli impegni sulla fine dei finanziamenti pubblici internazionali diretti per i combustibili fossili entro il 2022

L’italia ha disatteso anche gli impegni presi entrando nella Clean Energy Transition Partnership (CETP) alla Cop26 di Glasgow. Nel 2021 il governo italiano si era impegnato a porre fine a tutti i finanziamenti pubblici internazionali diretti per i combustibili fossili (senza tecnologie di abbattimento delle emissioni) entro la fine del 2022. Ancora oggi l’Italia investe pochissimo in rinnovabili rispetto al volume garantito alle fossili: 175 mln di dollari, quasi 15 volte di meno. A tutto questo si aggiunge il capitolo delle agenzie per il supporto al credito per l’export dove il nostro Paese attraverso SACE (il gruppo assicurativo-finanziario italiano, direttamente controllato dal Ministero dell’Economia e delle Finanze) ha investito quasi 5 miliardi di dollari solo nel 2023 su progetti attivi nei combustibili fossili e nel corso del 2024 – si legge nel rapporto –  “probabilmente approverà centinaia di milioni per progetti di combustibili fossili in Vietnam, Brasile e Mozambico”.

“La finanza pubblica – si legge – non è scarsa, è solo mal distribuita. Si sta dirigendo verso i combustibili fossili nonostante la scienza abbia chiarito che lo sviluppo di nuovi combustibili fossili è incompatibile con la limitazione del riscaldamento globale a 1,5 gradi”. È tutta una questione di volere, mica di potere. 

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