La Corte d’Appello di Milano (presidente Pizzi, estensore Giobellina) con una sentenza depositata il 9 marzo scorso ha respinto il ricorso con il quale la Regione aveva cercato di capovolgere la precedente decisione del Tribunale in materia di accesso degli stranieri alle case popolari. Il Tribunale aveva anche sollevato la questione di costituzionalità del requisito di cinque anni di residenza o lavoro nella Regione, rispetto al quale la Corte Costituzionale, con sentenza n. 44/2020 aveva dichiarato la incostituzionalità della norma che dunque oggi non è più in vigore.
Nella causa le associazioni che avevano promosso l’azione giudiziaria (assistite dagli avvocati Alberto Guariso e Livio Neri) avevano contestato in primo luogo il requisito di 5 anni di residenza nella Regione previsto peraltro anche dalla stessa legge regionale che regola la materia: il giudice aveva pertanto dovuto investire della questione la Corte Costituzionale che con sentenza n. 44 del marzo scorso aveva dichiarato incostituzionale il requisito.
La causa era quindi ripresa davanti al Tribunale che aveva esaminato anche l’altra questione dei documenti aggiuntivi richiesti agli stranieri (cioè la medesima questione che già aveva visto la condanna del Comune di Sesto San Giovanni). Anche questa previsione è stata ritenuta illegittima e discriminatoria dal Tribunale, perché la documentazione da presentare per dimostrare l’assenza di proprietà all’estero (basata sull’Isee) deve essere la medesima sia per italiani che per gli stranieri, restando poi l’obbligo di verifica in capo alla autorità fiscali.
Siamo di fronte (come già avvenuto nel caso di Lodi) ad una clamorosa ingiustizia che aveva visto escludere dalle graduatorie di tutta la Lombardia numerosi cittadini stranieri in condizioni di bisogno ai quali veniva richiesto di produrre documenti spesso impossibili da reperire. Tutti i Comuni lombardi devono modificare i bandi tenendo conto della decisione del Tribunale di Milano e della modifica del Regolamento Regionale.
Il Tribunale aveva poi anche ordinato di modificare il Regolamento regionale, ammettendo alle graduatorie i cittadini extra Ue sulla base della medesima documentazione richiesta ai cittadini italiani (cioè l’Isee) senza richiedere ulteriori documenti, spesso impossibili da reperire, che dimostrassero l’assenza di proprietà nel Paese di origine. Infine, per quanto riguarda i titolari di protezione (non solo i rifugiati, ma anche i titolari di protezione speciale) il Tribunale aveva ordinato di cancellare la disposizione che imponeva come requisito l’assenza di una casa nel paese di origine; ciò sulla base della considerazione che il rifugiato, se anche fosse titolare di una casa, non potrebbe certo utilizzarla rientrando in Patria.
La Regione aveva adottato su questi punti delibere provvisorie in attesa della decisione dell’appello preannunciando di voler ricercare “altre soluzioni non discriminatorie” diverse da quelle indicate dal giudice.
Ora è arrivata la sentenza di appello che respinge tutte le tesi della Regione e conferma la decisione di primo grado.
A questo punto la Regione dovrà abbandonare ogni soluzione provvisoria e mettere mano al Regolamento, modificando definitivamente le norme secondo le indicazioni del Giudice.
Buon martedì.