L’autostrada Salerno-Reggio Calabria festeggia i suoi cinquant’anni. E’ nata nel 1962, A 50 anni dovresti avere già qualche buona storia da raccontare ai tuoi figli, si ha già un buon campionario di cose buone e meno buone su cui arrovellarti per spremere un po’ di esperienza, un lavoro che forse ti è piaciuto tantissimo e comincia a non piacerti più, l’idea di come vorresti invecchiare. Tutte quelle cose lì. Invece l’autostrada Salerno-Reggio Calabria a 50 anni è ancora adolescente e incompiuta come sono incompiuti gli adolescenti. Anche sfrontata nella sua incompiutezza così esibita. La guardi e ti sembra dire “anche quest’anno non mi avete finito”, con un sorriso da finto reduce con gli amici al bar davanti ad un bicchiere di bianco. Io, che sono più giovane della Salerno-Reggio Calabria, potrebbe essere quasi mia madre o sicuramente una zia, sono decenni che sento parlare di infrastrutture. Mi siedo in un Consiglio Regionale, qui in Lombardia, dove ogni conferenza stampa magnifica le prossime infrastrutture, la TEM, la Pedemontana e infrastruttura delle infrastrutture EXPO 2015. Berlusconi ci diceva che le Grandi Opere avrebbero rilanciato il Paese, e prima di lui Craxi e dopo di lui quelli che sono venuti e quelli che verranno, probabilmente. Abbiamo assecondato visionari che sognano ponti, porti, autostrade a otto corsie, fiere cementificate e intanto ci teniamo l’autostrada che non finisce. Lì, una strada in mezzo alla strada come sfascio di una lentezza che sembra non sbloccarsi mai e sopravvivere ai governi. Come una statua in mezzo alla piazza a ricordarci che le cose, in Italia, a volte serve solo iniziarle per muoverci tutto quello che c’è dietro, poi finirle è un dettaglio trascurabile.