Che l’ispezione voluta dal ministro all’Interno Matteo Piantedosi al Comune di Bari sia infondata dal punto di vista giuridico e sia utilissima per sferrare un attacco politico per le prossime elezioni europee è cristallino. Dalle parti del governo le mafie sono un tema anche politico solo se possono essere usate come roncole.
Emiliano ha raccontato una scena da prefetto di ferro, con lui che bussa alla porta della famiglia del boss per alzare la voce
Del resto è scomparso il dibattito sulle protezioni di Matteo Messina Denaro, è raro trovare sui giornali le evidenze che escono dalle indagini in corso a Firenze sulle stragi del ‘93 e perfino i bonifici di Silvio Berlusconi a Marcello Dell’Utri vengono derubricati come buon cuore dell’ex presidente di Forza Italia nei confronti di un vecchio amico. La vicinanza e la solidarietà nei confronti del sindaco di Bari Antonio Decaro erano fino a qualche giorno fa un boomerang contro la guerriglia politica del governo. All’opposizione sarebbe bastato sottolineare ciò che dice la legge sugli scioglimenti per mafia smentendo Piantedosi e sottolineare come gli elementi indichino che i mafiosi baresi interloquivano con personaggi della stessa destra di governo.
A rovinare tutto ci ha pensato invece Michele Emiliano, presidente della Regione Puglia nonché ex magistrato incline alla posa da sceriffo. Emiliano ha raccontato una scena da prefetto di ferro, con lui che bussa alla porta della famiglia del boss (che aveva fatto arrestare da pm) per alzare la voce. Vera o no la storiella evidenzia l’idea di un carisma buono contro un carisma cattivo, lì invece dove dovrebbe vigere e vincere la legge. Lo Stato non bussa ai mafiosi. Altrimenti accade che le pulci che difendono coloro che ci hanno trattato improvvisamente abbiano la tosse.
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