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Lo stigma di Regeni sugli accordi con l’Egitto

Il ricercatore italiano Giulio Regeni è stato ucciso “tra le 22,00 del 31 gennaio e le 22,00 del 2 febbraio del 2016”. Le torture subite sono “provate e documentate” nonostante l’autopsia egiziana sia stata, forse volutamente, superficiale e incompleta. Per gli avvocati si tratterebbe di un’autopsia sotto gli standard minimi richiesti. Giulio Regeni è stato ucciso dopo le richieste di collaborazione all’Egitto formulate dall’ambasciatore italiano Maurizio Massari (il 25 gennaio 2016) e dall’ex presidente del consiglio Matteo Renzi e dall’allora ministro degli Esteri Paolo Gentiloni (31 gennaio 2016), che chiedevano al presidente egiziano Abdel Fattah al-Sisi notizie sul cittadino italiano scomparso. È stato torturato per sei giorni.

“Sul corpo di Giulio Regeni – dicono i consulenti – sono state trovate quasi tutte le lesività elencate nella letteratura sulla tortura tipica in Egitto”. È un elenco dell’orrore. Torture ricorrenti, quelle elencate negli studi. Pugni, calci, mazze, percosse, bruciature, l’utilizzo di un “pettine chiodato” e la “Falanga”: le bastonate sui piedi che provocano la rottura di tutte le ossa, “riscontrata ahimè sul corpo di Giulio Regeni”, conferma il medico. La causa di morte comunicata dai medici egiziani, ovvero la “lesione cranica subdurale” è incompatibile con i risultati degli esami effettuati dai periti. Questi sono gli elementi emersi ieri a Roma durante il processo ai quattro 007 egiziani. Queste sono le mani sporche di sangue del presidente egiziano al-Sisi che da anni insozzano stringendole quelle dei più importanti leader europei. Ogni accordo con l’Egitto ha questo colore, questo odore, questi frantumi.

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