Quale può essere il primo scopo di un governo reazionario formato da partiti che da sempre sono inchiodati (al limite della nostalgia) a un (nero) periodo storico del nostro Paese?
Apparire moderni di fronte al mondo continuando a solleticare i proprio elettori. Così accade che fin dall’insediamento del governo Meloni ci ritroviamo di fronte a contorsioni logiche e linguistiche sul confine del paradosso.
Per fortuna – loro – un bel pezzo di stampa volentieri s’offre per rendere dignitose idee che non lo dovrebbero essere.
Francesco l’africano
Fuoriclasse in questo teatro dell’assurdo è il cognato d’Italia Francesco Lollobrigida, tra le altre cose ministro all’Agricoltura, che volentieri s’immola in conturbanti piani in difesa della Patria e della tradizione che agevola con levità su giornali e televisioni.
L’ultima grande idea del ministro è “un nuovo piano dell’Africa” per liberare le nostre coste del fastidioso incomodo di disperati che bussano alle porte dell’Europa per salvarsi. “La nostra ricetta base – dice Lollobrigida, sempre più immerso nel suo ruolo di alfiere culinario – è sempre: meno partenze, meno morti”.
La cognata presidente del Consiglio ha insistito per anni con il “blocco navale” (roba spietata da videogame che non esiste nel diritto internazionale) ma non ha funzionato. La nuova idea è sconfiggere la povertà in Africa.
Proposito nobilissimo, non c’è che dire, se non fosse che nella testa di Lollobrigida e del governo il problema dell’Africa sarebbe soltanto la fame, in una banalizzazione degna dei calendari che andavano per la maggiore qualche anno fa per raccogliere fondi, con i bambini denutriti con la mosca al naso e l’Occidente colpevole che prometteva un po’ di elemosina.
Così il ministro ha deciso che “dobbiamo mandare i nostri tecnici, i nostri agricoltori ad implementare queste produzioni con le loro capacità per creare lavoro e ricchezza” perché “in Egitto, come nel Sahel, – spiega – ci sono spazi infiniti da utilizzare. Bisogna sostenere e formare questi popoli che hanno vissuto soprattutto di pastorizia”.
Al di là dell’evidente problema nel far di conto (l’agricoltura italiana vive sulle spalle afflitte degli stranieri per non vedere crollare l’intero settore) la proposta di Lollobrigida contiene un amaro retrogusto di colonialismo. Roba di cui ci siamo liberati – faticosamente – qualche decennio fa.
C’è nella proposta tutta la presunta “superiorità” di bianchi che istruiscono i neri considerati meno evoluti. A fugare ogni dubbio potrebbe bastare anche la dichiarazione successiva del ministro e cognato, quella in cui spiega che il rischio è di consegnare “ad altri quel continente che è uno straordinario magazzino di materie prime e produzioni”.
Sì, avete letto bene: il magazzino è l’Africa. E gli africani dovrebbero smetterla di spostarsi per la fame, per la siccità e per il piombo e dovrebbero rimettersi buoni a fungere da “magazzino” per le tavole europee. In cambio potremmo dargli qualche collana di perline finte, come si usava una volta.
La fulminante idea di Lollobrigida arriva pochi giorni dopo l’intervento del ministro al Consiglio Agricoltura e Pesca dell’Ue in cui aveva spiegato che non è vero che “i pesticidi fanno male alle api” e in cui aveva difeso la pesca strascico “perseguitata dall’Ue”.
Dichiarazioni “sorprendenti e preoccupanti” secondo il Wwf che ha risposto snocciolando decine di studi che da anni dimostrano il contrario. Incompetenza in purezza: solo che questa passa casualmente inosservata. Aspettando la prossima sparata.
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