(La mia intervista a LuciaLibri)
Nel suo più recente romanzo, “I Mangiafemmine”, Giulio Cavalli immagina una società in cui i femminicidi siano legalizzati. «È una questione – chiarisce in questa videointervista – che mette in discussione il maschio che sono stato, in qualche modo mi autoprocesso. Quello dei femminicidi è un tema che non va rimandato, ma guardato negli occhi e affrontato, altrimenti travolgerà tutti. Siamo in un periodo storico in cui il romanzo politico è scomparso…»
A DF, luogo di carta in cui Giulio Cavalli torna per la terza volta, dopo i romanzi Carnaio e Nuovissimo Testamento, lo fa anche ne I Mangiafemmine (204 pagine, 18 euro), il suo più recente romanzo, edito ancora da Fandango – per legge viene legalizzato il femminicidio. «Di questi tre romanzi è quello che ho sedimentato di più – ammette Giulio Cavalli, intervistato a Palermo, dopo la sua presentazione alla libreria Europa – perché impatto quasi quotidianamente con la questione dei femminicidi, per via del mio lavoro di giornalista, i numeri sono spaventosi. E poi è una questione che mette in discussione molto di me, del maschio che sono e di quello che sono stato, in qualche modo, scrivendo questo romanzo, ho anche processato me stesso. Quando scrivo letteratura mi consento di esondare, di non stare dentro dentro le regole di qualsiasi tipo, sia stilistiche che emotive…».
Con I Mangiafemmine siamo dinnanzi a un’opera eminentemente politica. «Purtroppo – osserva Giulio Cavalli – siamo in un momento storico in cui è scomparso il romanzo politico. Chi prova a mettere il piede nel contemporaneo viene arso sul rogo, come è accaduto a Michela Murgia. Siamo in un momento in cui, secondo me, la consapevolezza politica della letteratura, e ancor prima dell’editoria, è piuttosto carente…».
Nel mirino de I Malafemmine c’è un retaggio culturale, quello che del patriarcato senza fine e inciso nel Dna di molto maschi. «Il problema di fondo – fa notare Giulio Cavalli – è della cultura conservatrice che vorrebbe che i nostri atavici vizi venissero considerati come tradizioni ed è un rischio pericolosissimo perché è una colonizzazione del pensiero che consente di spostare l’etica ogni giorno di qualche metro più in là.. Ci sono secoli da percorrere in fretta prima che continuino a rimanere troppe vittime per terra. Quello dei femminicidi è un tema che non riusciremo a rimandare ancora lungo, da affrontare guardandolo dritto negli occhi, oppure, come spesso è accaduto nella storia, ci travolgerà…».